☷ ℝ  —  ⅟ release: 2025-10-11 ( 2 )  —  rev.: 9  —  transl.:  EN  ·  DE  ·  FR  ·  ES  —  goto:  .⟰.  ·  C4F  ·  Q&A  —   : PDF 


Il modello HR e l'estinzione impresa italiana

  • 1st edition, articolo inizialmente ricavato da una serie di miei commenti su LinkedIn.

  • Introduzione

    Premesso che ritengo il concetto HR sia tossico di suo, già nel nome stesso (human resources: risorse umane), poi un tale modello è assolutamente inadatto, anche saltando a piè pari la questione etica, all'ambito delle professioni intellettuali.

    Poi il fatto che etica e utilità spesso coincidano (sui grandi numeri, statisticamente intento, quindi inutile citare il caso particolare) dipende dal fatto che la morale è una questione culturale mentre l'etica è "innata" nel senso che ormai si sta arrivando alla validazione scientifica che essa è il prodotto della nostra evoluzione come mammiferi sociali. Giusto per capire che NON ci sono ideologie a sostenere la mia opinione ma una valutazione approfondita di dinamiche sistemiche (statisticamente rilevanti, non casi personali).

    L'altro bias dello HR è che "le donne hanno il sesto senso per la selezione" che è una tragedia di proporzioni culturali che ha anticipato la follia dell'ideologia woke e quindi poi da HR a DEI, e sappiamo come è finita: Los Angeles e Hollywood in fiamme perché imporre DEI significa scartare la quasi totalità di coloro che sono preparati e la natura selvaggia (incendi) non perdonano l'impreparazione.

    Dimentichiamoci le ideologie e andiamo a ponderare i fatti, a confrontarci con la realtà.

  • Pregiudizio: le donne hanno il sesto senso per la selezione
  • Se fosse vero avremmo un numero di divorzi e di madri single minimo, in statistica si parla di "valori fisiologici" o "minini irriducibili". Tipo una vedova di un incidente stradale del compagno diventa automaticamente una madre single. Ci sono quindi delle situazioni che statisticamente si presentano anche se si facesse tutto bene e tutto perfetto, sempre.

    La realtà ci garantisce che quel pregiudizio è falso. La selezione naturale ci conferma che la femmina di una specie sociale preferisce il maschio tossico perché offre — in quanto molto aggressivo anche verso i suoi simili e quindi "competitivo" in un ambiente selvaggio — maggiori probabilità di sopravvivenza alla prole anche se una qualità della vita famigliare nettamente inferiore.

    Oggi, la qualità della vita famigliare è l'elemento fondamentale, quello di sopravvivere in termini selvaggi, non esiste più ma è stato determinato per milioni di anni nella selezione naturale di determinate specie di mammiferi. Quindi l'istinto è disallineato con le condizioni di vita degli ultimi secoli e invertito rispetto a quelle degli ultimi decenni.


    La consapevolezza è l'inizio del cambiamento

    Magari sarebbe utile che le persone riflettessero su ciò che siamo in funzione di ciò che eravamo e che oggi non siamo più ma in parte ancora sì. Che poi è il motivo per cui la Chiesa si ostina a considerare certe pratiche offensive della morale cattolica, come il divorzio. Perché sono "novità" che mal si conciliano con la "natura" di ciò che eravamo.

    Però, giustamente, la società evolve e noi VOGLIAMO andare verso un modello più aperto in cui il divorzio esiste come compensazione delle scelte sbagliate che siamo "abituati" a fare perché evolutivamente convenienti ma attualmente sub-ottimali.

    Tanta roba e NON abbiamo ancora affrontato la questione della selezione del personale attraverso la lente del bias che le femmine siano migliori in tale compito, perché "naturalmente" portate ad esso. Però già a questo punto, c'è gente che "sclera" perché l'accettazione della realtà scombina tutta quell'accozzaglia di idee che non si sono mai curate di verificare ma che hanno appresso in modo acritico.

    I candidati "sclerano", strano se accadesse diversamente. Chiunque costretto ad una relazione tossica, divorzierebbe potendo. No? Così arriviamo al punto della questione, quella della selezione del personale che invece potrebbe essere un'attività in cui a prescindere da quanto detto prima, effettivamente, è più congeniale al femminile che al maschile.

    Si parta dal presupposto che le femmine finiscono in HR perché è più facile rimpiazzarle (maternità) in quei ruoli e perché vengono pagate poco e comunque, generalmente meno degli uomini, perché soffrono più dei maschi dell'invidia (altro pregiudizio ma si può verificare o confutare con una statistica e quindi in termini di grandi numeri è una dinamica non un giudizio morale) e quindi tendono a negoziare al ribasso le retribuzioni quindi sull'insieme degli assunti a minimizzare il costo del personale.

    Se minimizzare il costo del personale in termini assoluti sia utile, è già di suo una questiona MOLTO discutibile, nelle professioni ad alto valore intellettuale, decisamente controproducente MA sul lungo periodo. Quindi nei bilanci trimestrali o annuali, si vede solo il vantaggio e non gli effetti collaterali. Tanto basta al management, obiettivo a breve termine raggiunto, bonus vinto.

    Sicché in qualunque azienda in cui il management ha obiettivi a breve termine, l'HR al femminile è un cliché.


    Quali vantaggi offre l'HR al femminile?

    Fin qui ci siamo arrivati senza nemmeno puntare il dito contro un qualsiasi modello di femminilità o mascolinità. Ci siamo arrivati semplicemente tenendo in considerazione statistiche e dinamiche dei grandi numeri. Perché anche un moderato pregiudizio polarizza la cultura abbastanza da notare la differenza.

    Poi possiamo entrare più nello specifico. Il maschio tende ad avere un approccio accondiscendente con una femmina. Possiamo tirare fuori statistiche a riguardo ma penso sia offensivo negare questa realtà. Questo rende un processo tossico (HR) e intrusivo (selezione) come più accettabile.

    Se io da maschio dovessi chiedere a uno sconosciuto sulla fermata del bus che lavoro fa e quanto guadagna, il top delle risposte sarebbe un VAFFA, edulcorato o viscerale. Se una femmina facesse la stessa cosa, molto meno. Magari un 10% meno, ma è un vantaggio. Soprattutto se il vantaggio è interattivo, come di fatto lo sono le relazioni umane e i colloqui.

  • M-M x4: 50%  50% 50% *50% = 6%
  • F-M x4: 60% 60 60% * 60% = 13%
  • Su quattro iterazioni, partendo da una base SI/NO con frequenza testa-croce, il vantaggio del 10% sul singolo esito raddoppia. Questo dovrebbe farci capire che piccole differenze, come quelle introdotte da un moderato pregiudizio, producono risultati MOLTO differenti sui grandi numeri.

    Quindi è vero che l'HR è femmina. No? 😉


    Quali svantaggi implica l'HR al femminile?

    Il problema, non è essere "femmina" piuttosto che "maschio" ma il concetto stesso di HR, specialmente nei settori in cui il lavoro intellettuale è la primaria fonte di produzione di valore.

    Altre dinamiche statisticamente rilevabili come conseguenze dello HR al femminile specialmente nell'IT dove questi elementi non sono positivi:

  • selezione di "yes-man" piuttosto che di "rompiscatole";
  • selezione di "bravi a lavorare in team" invece di indipendenti;
  • selezione di "bravi a vendersi" invece di bravi a fare;
  • selezione di "affascinanti" invece di ligi al codice.
  • Ci sono altri aspetti di selezione inversa rispetto al ruolo del tecnico informatico propriamente detto. Perché per essere adatti come profilo a gestire computer otto ore al giorno, già sei "sfigato" come maschio e ancora peggio se sei femmina perché manco "scienziata" ma programmatrice.

    Conclusione: quando nell'IT si vuole fare qualcosa di serio, la prima cosa che si fa è togliere di mezzo HR e femmine. L'IT è come la marina militare, ma senza i calendari poster di bellezze ignude tipiche dell'officina meccanica. Quindi, riguardo all'informatica:

  • se è timido, è candidabile;
  • se è sgarbato, è candidato!
  • Non yes-man, ma coders. 😊
  • Sia chiaro, questa sintesi riguarda uno specifico contesto, quello dell'informatica perché già Ricerca & Sviluppo (R&D) quando sono veramente tali, è un dipartimento a parte, indipendente, e con altre dinamiche. Non troppo diverso, giacché ormai è tutta informatica, ma l'obiettivi e tempistiche sono diverse, quindi anche la pianificazione e di conseguenza la selezione dei candidati.

    Fantascienza per l'Italia, altrove potrebbe sembrare banale o culturalmente irrilevante.

    Roberto, alla NASA le migliori programmatrici e ingegneri del calcolo erano donne (e.g. missione Apollo). Vero, erano gli anni '60-'70 e comunque la NASA non si sognaVANO lontanamente di applicare il processo HR. (*)

    (*) errata corrige: non si sognaVANO lontanamente

    Infatti SpaceX gli ha preso parecchio di quello che era il loro budget per lo spazio. Alla NASA sono diventati "fiorellini" e in SpaceX si licenziano pure i manager perché l'ambiente è tossico! 🤣

    Quindi, la ricetta "togliere di mezzo HR e femmine per fare IT serio" presuppone che lo HR ci sia. Se non c'è, il problema NON si pone. Questa, per esempio, è una differenza fra logica "programmatore" (se bla-bla allora bla-bla) e il reparto HR in cui "team working, my dear!": la congiunzione e = AND è spesso una logica binaria, non solo una congiunzione.


    Riflessione generale

    Detto ciò, se dovessi fare selezione per il dipartimento marketing & sale, punterei su una giuria di selezione tutta al femminile fra cui giovani e belle, vecchie e arcigne, se il candidato riesce a conquistarle tutte, ha certamente di fronte a sé una carriera di bonus a go-go scroscianti. Certo, è indiscutibile, in questo modo di approcciare la selezione del personale vi siano dei forti bias. Vero, bisogna allineare i bias della società con lo scopo e il ruolo.

    Però questa è un'altra cosa che avere dei pregiudizi sulle persone. Si tratta di conoscere quali pregiudizi affliggono un certo mercato, una certa società o certi ruoli ben specifici. Diversamente sarebbe come accusarmi che nel scegliere moglie sarei affetto da pregiudizi se prediligessi femmine biologiche fra i 25 e i 40 anni. Curiosamente, è follia negare la realtà quanto negare l'esistenza di pregiudizi nella società, quanto voler misurare tutto a trimestre.

    Questo di valutare tutti i risultati a trimestre è un concetto che viene da una logica dell'impresa di tipo novecentesco. In cui la produzione, i consumi e le vendite avevano un andamento lineare con delle domande solide e delle dinamiche additive. Il frigo degli anni '60 durava una vita, quindi la vendita era legata alla demografia non al surplus.

    Quando ci si confronta con altri mercati, specialmente nel segmento IT, queste logiche perdono di senso completamente. Perché le logiche sottostanti sono completamente diverse. Questo è un aspetto disarmante che tanto la piccola-media impresa italiana quanto le grandi aziende, spesso partecipate almeno nel capitale sociale, non hanno capito o non hanno voluto adattarsi.

    Se un'azienda, quale che ne sia la dimensione, in Italia ma anche altrove in Europa, pensa di potersi posizionare nel mercato dell'informatica con un modello organizzativo di stampo industriale-metalmeccanico — quindi con un modello di gestione del personale di tipo HR e per giunta al femminile, basato sui presupposti sopra presentati che però sono quelli più diffusi — possiamo dire si tratti di masochismo-idiozia-follia.


    Le aziende di consulenza

    In Italia, le aziende che hanno avuto relativamente un buon successo rispetto alle altre sono state quelle di consulenza. Perché fondamentalmente vendono a time material, quindi è un business quasi industriale: si raccolgono "disperati" fra neolaureati di famiglia operaia o senior in cassa-integrazione, li si confeziona come fossero delle ananas e li si vende a peso a delle aziende i cui reparti IT o R&D sono affossati dal loro dipartimento HR.

    Non penso serva un genio per comprendere queste dinamiche. Però se questo modo di fare ce lo trasciniamo dallo scoppio delle dot-com, evidentemente si tratta di un modello che esercita un certo fascino nella cultura dei decision makers italici. Infatti è proprio così, si tratta di un modus-operandi che al tempo 2000/1 venne supportato dall'idea che gli informatici fossero gli operai del futuro.

    Inutile dire che se si usa il cervello come si farebbe con uno strumento per girare bulloni, ci si ritrova 25 anni dopo senza ne artigianato e industria, perché l'industria moderna si basa sull'automazione e quindi sull'informatica e l'artigianato è mercato a valore aggiunto che non può esistere senza un quota importante delle vendite allocata la mercato interno, quindi senza una classe media nazionale.

    Perché altrimenti, tanto l'industria quanto l'artigianato appena hanno esaurito gli ammortamenti delle immobilizzazioni e in genere ci vuole dai 10 ai 30 anni, traslocano in paesi in cui le opportunità o le quote di vendita sono più importanti. Ovviamente, tutto questo non è colpa del modello HR né tantomeno di coloro che vi lavorano, ma di scelte che furono prese già allora con l'idea di trasferire la produzione all'estero.


    La scelta fu banale e codarda

    La logica alla base di quelle scelte fu banale e codarda. Non volevano mettere in discussione lo status-quo, nemmeno azzardarsi a farlo. Quindi impostarono il nostro business model in modo di poter completare l'ammortamento delle immobilizzazioni, investendo il meno possibile, eventualmente solo tramite incentivi a fondo perduto, e poi appena l'occasione sarebbe stata propizia traslocare all'estero.

    Una logica chiara e palese, già nelle sue premesse, che nell'impossibilità di cambiare e nella volontà di sfuggire, io stessa come persona e come professionista ho cercato di svicolare cercando di spostare le mie vendite all'estero con l'idea di traslocare. Ma non l'ho fatto solo, chi meno chi più, lo abbiamo fatto tutti coloro che avevano un valore intrinseco, una professionalità spendibile.

    Un fenomeno che ha preso il nome di "fuga dei cervelli" e negli ultimi anni è diventato "fuga e basta" perché ormai scappano tutti, quelli che sono abbastanza giovani, non hanno asset di valore, o rendite proiettabili al futuro. Che sono un gruppo sempre più ampio di persone, quindi creano un flusso costante di espatriati. Addirittura dal dopo Covid-19, ci sono stati picchi di dimissioni volontarie fino a 2 milioni di dipendenti in un anno.

    Perché la prima via di fuga è trovarsi un reddito aggiuntivo sfruttando Internet, e questo è successo principalmente durante il Covid-19 quando non si poteva uscire di casa. Coloro che sono riusciti a coltivare questo secondo reddito, inizialmente marginale, e a farlo diventare rilevante si sono licenziati e la parte che riuscirà a far crescere questo reddito, finirà per emigrare perché a nessuno piace vivere fra poveri, disperati e immigrati irregolari.


    Conclusione

    Quindi siamo partiti dal modello HR, abbiamo visto come i pregiudizi di genere insiti nella nostra cultura creino delle dinamiche aziendali, come queste dinamiche siano allineate con quelle che sono le dinamiche sociali e imprenditoriali, quali siano gli effetti e in particolare i deficit funzionali, per arrivare alla conclusione che lo status-quo è il prodotto di una scelta precisa e deliberata.

    Il rifiuto di passare il testimone generazionale fra Boomer e Gen.X ha impedito che la mentalità della classe dirigente si adattasse naturalmente, per ricambio generazionale, al nuovo mondo. Quindi passando dai paradigmi dell'industria a quelli dell'informatica. Purtroppo i sistemi sociali, e imprenditoriali, in quanto prodotto collettivo, che non si adattano sono condannati all'estinzione.

    Perché la selezione naturale è una teoria dei gruppi, non si può applicare al singolo individuo. Occorre che vi sia un gruppo, di grande numero, quindi una popolazione che abbia una caratteristica in comune. A quel punto si può studiare da un punto di vista evoluzionistico quale siano le performance fra N gruppi con N diverse caratteristiche funzionali, e in competizione nella stessa nicchia ecologica (mercato).

    Non è che i Gen.X siano più intelligenti dei Boomer, è solo che i Gen.X sono la generazione per il tempo dell'informatica, mentre i Bommer per il tempo dell'industria. Perché ogni generazione nasce, cresce e impara per essere "fit" (adatta) al mondo e al tempo che le appartiene. Però se il passaggio generazionale non avviene, quale che sia la ragione, lo scollamento fra adatti vs realtà diverge.

    11 ottobre 2025 — Marelli, Iveco, Italdesign: il riassetto dell’auto coinvolge migliaia di lavoratori. Realtà storiche del settore accanto a imprese più piccole sono al centro, in Italia, di processi di cessione e riassetto societario. In Italia sono almeno 23mila i lavoratori coinvolti in totale, da Marelli fino al dossier Lear. Più della metà nella sola provincia di Torino. — Il Sole 24 Ore

  • Dicesi suicidio, di massa quando commesso da tanti, estinzione quando è trans-generazionale.

  • In estrema sintesi

    Il modello HR attuale rientra come parte di una mancata transizione generazionale fra Boomer (gli industriali) e la Gen.X (gli informatici). Perché ogni generazione nasce, cresce e si prepara per essere adatta al suo tempo ma quando il passaggio generazionale non avviene e l'ascensore sociale è bloccato, allora sono i vecchi modelli ad essere portati avanti.

    Portati avanti, il tempo necessario per esaurire l'ammortamento delle immobilizzazioni e poi trasferirsi all'estero. Nulla di eclatante, succede in natura e si legge in letteratura MBA, anzi per accedere a tali pubblicazioni non serve neanche un MBA, già bastano dei corsi universitari c.d. di supporto (o integrativi) al piano di studi. Come nel mio caso, per esempio.

    Coloro che a posteriori del G8 di Genova, dopo il 9/11 e con l'ingresso della Cina nel WTO hanno compreso che il "business" si sarebbe spostato in Asia, hanno fatto fondamentalmente due cose: 1. scelto di abbandonare l'Italia senza investimenti di propria tasca, quindi senza rischiare in proprio, e approcciare HR e IT come fosse industria che era l'unico paradigma che conoscevano bene e quindi potevano gestire in proprio; 2. mandato i figli a studiare e/o formarsi in Asia.

    I più cogli*ni invece hanno costretto i figli alla schiavitù del lavoro in time-material (9-18, 40h/w).


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    © 2025, Roberto A. Foglietta <roberto.foglietta@gmail.com>, CC BY-NC-ND 4.0


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