Created on 2023-09-08 00:22
Published on 2023-09-08 00:44
Finita l'estate, finito di giocare con paletta e secchiello, i giocattoli cominceranno a tornare al loro posto, questo è già stato detto e la ragione fondamentale è alquanto banale: il capitalismo si basa sul debito, anzi meglio si basa sulla scommessa di produrre valore aggiunto rispetto al debito creato. Già solo per questo concetto che pare essere alquanto estraneo a molti, molti piangeranno.
Da curioso, mi sono voluto fare un'idea generale verificando linee di credito, operations e asset. Una catastrofe totale!
Intanto partiamo da una certezza: il senso della realtà è completamente andato perduto. Imperversa la follia più assoluta e si va dall'incapacità di razionalizzare, all'incapacità di fare valutazioni obbiettive, a questioni di principio (tralasciando il fatto che siano fondate sul nulla, oltretutto), a questioni personali, fino a giungere alla compulsività patologica di chi ripete schemi del passato perché casualmente hanno funzionato in passato (è il meccanismo per il quale si diventa patologicamente dipendenti dal gioco d'azzardo: il croupier ti fa vincere un po' di volte per rinforzare l'idea positiva di scommettere e poi la statistica fa il suo ineluttabile lavoro).
In questo scenario, paradossalmente, i criminali propriamente detti sono quelli che hanno mantenuto un barlume di raziocinio pur essendo quelli che - in quanto criminali - erano partiti svantaggiati su questo fronte, almeno per molti di loro (i criminali dotati capacità analitiche e razionali elevate generalmente non sono considerati tali perché tendono ad arrivare in posizioni di potere per cui tendono ad istituzionalizzarsi, in Occidente).
I pochi che ancora mantengono uno sprazzo di lucidità si tengono in disparte, almeno tutti coloro che hanno avuto privilegio e il buon senso di potersi tenere in disparte. Perché ormai è da considerarsi un privilegio poter rimanere in disparte in questa orgia di follia che mi ricorda la piaga del ballo che colpì Strasburgo nel 1518.
Se dovessi riassumere il tutto con un sintetico aneddoto penso che sceglierei una citazione di un ex-amico avvocato: nel diritto la forma è sostanza. Intendendo che, sopratutto nel processo penale, la forma ovvero il rito del procedimento è d'importanza capitale.
Purtroppo, nella maniera in cui questa persona molto edotta ha enunciato il suo pensiero la rende facile da fraintendere - anche per gli addetti ai lavori, i quali potrebbero essere portati a pensare che la formalità sia sostanza. Se fosse vero un assegno con firma falsa sarebbe valido, perché nella presentazione dello stesso si "evade una formalità" ma la forma non è necessariamente sostanza.
Per comprendere meglio, il reale significato della citazione occorre tradurla in termini industriali: la qualità è tutto. La qualità non è un output, è un processo, una procedura. Esattamente come il diritto ha i suoi riti, la produzione industriale ha le sue procedure.
Per comprenderne il reale significato occorre tradurla in termini industriali: la qualità è tutto. La qualità non è un output, è un processo, una procedura. Esattamente come il diritto ha i suoi riti, la produzione industriale ha le sue procedure.
Casualmente o forse no (cfr. etimologia di processo «avanzamento, progresso») sia i riti del diritto sia le procedure di produzione industriali vengono chiamati processi. In entrambi la qualità é sostanza, nel senso che il rispetto di alcuni criteri che potremmo definire formalità è determinante rispetto al prodotto finale.
Mentre con il diritto questo concetto non è d'immediata comprensione, se nel produrre acciaio la quantità di carbonio che viene miscelato al ferro non è corretta - a venire meno è una formalità, tipo un numerino su uno schermo di un pannello di controllo - ma il risultato è che il prodotto della fusione non rispetterà certi standard di qualità per poter essere adoperato come acciaio. Ci si potranno fare dei pesanti fermaporte ma non delle travi per la costruzione di grattacieli.
Nel diritto la forma è sostanza significa che la qualità è fondamentale, non che la formalità prevalga sull'ordinamento.
Ciò significa che l'ingiusto, l'iniquo, l'inesatto, il falso, etc. non si elevano quando vengono vestiti di un abito formale ma restano tali e piuttosto degradano il valore della forma (istituzione) non il viceversa.
Così come annacquare il vino ed etichettarlo DOCG non lo rende un prodotto migliore e di maggior valore anche se ciò non ne impedisce l'immissione sul mercato. Come, d'altronde, la diffusione pressoché globale dei titoli tossici relativi ai mutui sub-prime del mercato immobiliare americano ha pienamente dimostrato, e non era certo il primo caso, ma è stato solo l'ultimo più grande.
Detto così appare logico e ragionevole ma noi - effettivamente - siamo esposti da sempre a "meme" (una volta si chiamavano proverbi o detti popolari) che vanno in direzione opposta a questo ragionamento: l'abito fa il monaco, il denaro fa il ricco, il documento fa l'identità, il sesso determina il genere, etc.
Li ho citati in ordine cronologico, volutamente, perché maggiore è il tempo con il quale abbiamo convissuto con loro maggiore è la loro influenza nella cultura popolare. Sottolineo, popolare, non mi risulta che tali concetti siamo stati in voga negli attici del potere perché che il potere li esiga, è una questione che li adotti è tutt'altro paio di maniche.
Infatti nella società civile dei comuni mortali è il contratto fra le parti che regola i rapporti. Negli attici del potere è la stretta di mano o la semplice parola data. Tutto il resto è una formalità per i sottoposti.
Il motivo per il quale il potere non si affida ai contratti propriamente detti ma agli accordi, è abbastanza banale.
Non ha infatti alcun senso sventolare una mera formalità sotto il naso di qualcuno che ha il potere di cambiare sostanzialmente le cose. Talvolta il potere è una questione di denaro e in alcuni contesti ciò può anche essere vero soprattutto quando la moneta è una rappresentazione contabile di un asset tangibile (e.g. gold standard). In altri contesti, specialmente quando la moneta è una fantasiosa cartolarizzazione di qualcosa che potrebbe avere poco e persino nessun riscontro reale, allora non é più tanto vero.
A coloro che sono destinati ad essere sottoposti viene detto che è l'abito a fare il monaco e il denaro a fare il ricco. A coloro che sono destinati al potere, viene detto l'opposto non è l'abito che fa il monaco ed è il ricco che fa il denaro. Non è esattamente l'opposto, ma quasi.
Non ha alcun senso sventolare una formalità in faccia a qualcuno che ha il potere di cambiare gli asset. O negoziare con qualcuno che ha un'arma con l'intenzione e la determinazione di usarla. O cercare di comprare con una fiat currency qualcuno che ha il potere di cambiarne il sottostante. O di cambiare la descrizione della realtà con qualcuno che ha il potere di cambiare la realtà.
Appare quindi ovvio che NON è la formalità a fare la sostanza, per quanto la formalità intesa come qualità sia un fattore determinante ai fini del prodotto o del progresso.
Questo per dire che quando sento dire a un commerciante che "le banche rubano" sorrido perché le banche gestiscono la contabilità di numeri ma sono le persone che supinamente accettano di dare un significato a quei numeri che spesso, invece, non ne hanno affatto uno reale e/o oggettivo.
Quando un commerciante mi dice che le montine da 1, 2, 5 centesimi sono andate fuori corso e non le vuole nemmeno più la banca, sorrido. Perché probabilmente sono le uniche monete il cui valore nominale è inferiore al valore del metallo forse anche per quella da 5 centesimi.
Curioso che si rifiuti proprio le uniche monete che hanno una speranza ragionevole di coprire il loro controvalore nominale!
Ma questa non è follia, questo è il sistema e guai a cambiarlo.
La follia è quando - in quei luoghi preposti un tempo per essere le stanze del potere - ragionano come il praticante che confonde la formalità con la forma o il commerciante che confonde il valore con un numero.
Perché - fondamentalmente - due sono i modi per distruggere la semantica del valore:
comprometterne la sua rappresentazione (fatto)
mettere fine allo stato di diritto (fatto)
L'inflazione galoppante della Lira Turca o del Pesos Argentino sono un modo dei tanti di compromettere la rappresentazione del valore. La guerra, il fallimento o qualunque stato di fatto che non sia uno stato di diritto rende privo di valore qualsiasi titolo inteso come contratto sociale.
Quando succede questo, significa che il potere si trova altrove e la follia imperversa fino a quando il potere e il suo riconoscimento istituzionale non saranno allineati di nuovo.
È già successo molte altre volte nella storia dell'Occidente: con la caduta dell'Impero Romano, con l'età dei Comuni, con l'epoca delle flotte marittime, con la scoperta del nuovo mondo, con l'era industriale e oggi direi con l'informatica.
Queste transizioni sono state talvolta innescate da una tecnologia altre volte no. La caduta dell'Impero Romano e il Risorgimento non sono legati ad un'innovazione tecnologica, non in modo particolare, almeno. In altri casi appare evidente che senza una specifica tecnologia abilitante quella transizione storica non sarebbe avvenuta.
Non bisogna però confondere la tecnologia con la relativa transizione.
In passato quando il progresso era più lento, la scoperta di una tecnologia non implicava un cambiamento. Questo perché il cambiamento non è il prodotto della tecnologia ma di cambio di paradigma che in funzione di quella tecnologia diventa possibile.
L'informatica ha cambiato molte cose, Internet ha cambiato molte cose. Le cose sono cambiate perché alcuni paradigmi sono cambiati. Un paradigma è una maniera, fra quelle possibili e sensate, di interpretare la realtà, un modello funzionale con il quale rapportarsi con l'operatività.
Perché l'interpretazione della realtà ovvero la sua descrizione ovvero il suo modello funzionale, non sono la realtà.
Perché se cammino per strada portando con me un titolo convertibile in oro, non è la stessa identica cosa che se portassi il relativo lingotto d'oro. Sia in termini di vantaggi (valore/volume, valore/peso) e sia in termini di svantaggi (la convertibilità è una promessa ovvero un contratto e in quanto tale implica necessariamente, seppure minimo, il rischio di non essere onorato, ad esempio in caso di default).
Anche la descrizione della realtà è soggetta a formalità o in senso più generale soggetta ad una procedura di qualità, o almeno lo dovrebbe essere.
Dunque, dopo un lungo peregrinare verbale, finalmente possiamo giungere a una conclusione, o meglio, giungere a porci una domanda di quelle per quale vale rifletterci sopra.
In un mondo digitale globalmente interconnesso in cui è definitivamente provato che un singolo attore (ente, istituzione, gruppo, società, nazione, etc.) può cancellare o alterare arbitrariamente e indipendentemente un'informazione da tutti i server del mondo nel tempo di una notte (o giorno a seconda del fuso) come se quell'informazione non fosse mai esistita o la sua precedente versione non fosse mai esistita, che ruolo hanno le banche, che valore ha il denaro elettronico?
È curioso perché queste istituzioni hanno combattuto per oltre un decennio il Bitcoin perché non permette il QE quindi è soggetto a una più stringente formalità e poi improvvisamente un giorno (o una notte) scopriamo che la battaglia per la spartizione di questo QE ha portato alla scoperta che di fatto è concreta e reale la possibilità, da parte di un singolo attore in modo indipendente ed in modo arbitrario, di compromettere irrimediabilmente e alle sue fondamenta la rappresentazione del denaro elettronico quindi di tutta la fiat currency et Co, come titoli, azioni, obbligazioni, etc.
'sti cazzi! 😎
© 2023, Roberto A. Foglietta, licensed under Creative Common Attribution Non Commercial Share Alike v4.0 International Terms (CC BY-NC-SA 4.0).
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