Created on 2019-01-31 10:06
Published on 2019-01-31 10:33
Published on LinkedIn on January 18th, 2019 [2nd draft]
Partendo da un interessante post su LinkedIn di Riccardo Puglisi vale la pena inoltrarsi in un'analisi delle cause sociali e culturali per il quale certe teoria economiche trovino riscontro a prescindere dalla loro correttezza e dalla loro utilità.
Parafrasando in maniera più divulgativa, o se vogliamo da un punto di vista sociologico (bias culturali), in Italia:
La quasi totalità della gente non comprende le teorie economiche ma le implementa attraverso convinzioni sociali largamente diffuse e quindi condivise. Condivise, nel senso che incontrano largo consenso e giustificazione sociale.
Perciò le due dirette conseguenze sono:
in particolare, per quanto riguarda il punto B:
Ecco quindi che la cultura dello "stallone italiano" in realtà diventa l'economia dei polli e delle faine, perché parlare di lupi e agnelli sarebbe già fare un complimento.
Ovviamente ne viene influenzato anche il mondo della scuola e dell'università:
Il che spiega la fuga all'estero dei cervelli. Una volta usciti dal percorso di formazione, le opportunità di carriera sono tali da non rispecchiare le aspettative, anche in termini di qualità della vita.
Perché dalla qualità del lavoro non dipende solo la retribuzione ma anche la qualità della vita che in Italia sta lentamente ma inesorabilmente decrescendo.
Il singolo è incentivato a produrre quando c'è una forte relazione fra produzione e giusto riconoscimento del valore.
Se manca questo presupposto, che è uno degli asset della meritocrazia, la quale è il motore dell'ascensore sociale, allora non si può pretendere alcun engagent da parte del singolo.
Infatti, il mondo del lavoro in Italia si muove su altri principi quali il ricatto, il conflitto di interessi che in altri ambienti è chiamato "lotta di classe e concertazione". Dove la concertazione è un pagliativo per mitigare gli effetti della lotta di classe ma non per risolverne le cause.
Questo spiega perché l'Italia ha vissuto alcuni decenni di boom economico e poi è andata progressivamente paralizzandosi. Paradossalmente, il boom economico degli anni '80 è una premessa della paralisi che si è andata ad affermare in Italia.
Il '68 italiano ha portato dei cambiamenti importanti alla società ma poco alla cultura perché è stato un imitazione di quello francese. Di conseguenza, la classe media si è adagiata ed è diventata conservatrice, é invecchiata e non ha saputo rinnovarsi.
Riguardo al passaggio generazionale, è palese che si sia puntato sui giovani arrivisti ma che non rappresentassero una reale concorrenza alla classe dirigente precedente.
Un principio di continuità che in astratto potrebbe anche essere opportuno ma che nella pratica è stato declinato nella peggiore maniera possibile: immobilismo.
Poi, è arrivata la globalizzazione e i suoi effetti. Un fenomeno affatto inspettato perché era stato previsto verso la fine degli anni '80 insieme alle sue ripercussioni come la Fondazione Craxi può ampiamente documentare.
Con la caduta del muro di Berlino (Q4, 1989) é iniziata la globalizzazione (1990) e questa ha portato la classe media italiana a godere dell'importazione di prodotti a basso costo e la classe dirigente a esportare la produzione in Asia.
Però ha portato anche una più forte pressione a competere a cui la, sia la classe media e la classe dirigente italiana, non erano né abituati e né preparati. Perciò, l'opportunità si é velocemente trasformata in un handicap.
Poi é giunta la crisi dei sub-prime loan del 2007 che avrebbe dovuto dare la spallata per aprire una fase di riforme e cambiamenti. Invece é stata usata come scusa per mantenere e rafforzare lo status-quo.
Così si é bruciata una generazione, paralizzato il paese, perso l'occasione del rilancio strutturale offerta dal quantitative easing e perciò é venuta alla ribalta la questione sociale della demografia.
Inutile dire che anche questa questione é stata affrontata nel peggiore dei modi fra cui l'intolleranza del diverso e lo sfruttamento della povertà mettendo la disperazione degli immigrati in competizione con i poveri indigeni.
Non é una novità, anche nel far-west, l'occidente mandò allo sbaraglio i nullatenenti contro gli indigeni delle Americhe riproducendo in basso alla piramide sociale lo stesso modello culturale che impregna i vertici: vinca il più feroce e spregiudicato.
Perché anche ai vertici non hanno capito un una beneamata mazza della teoria dell'evoluzione di Darwin che a parole rifiutano come falsa e nella pratica implementano con un modello tipico delle società di Scimpanzé.
Fra le varie risposte al post di cui sopra, vale la pena riportare quella di Vincenzo Napolitano perché coglie nel segno il punto centrale del problema:
La parabola dei talenti dimostra che fin da allora non c'era alcuna capacità di human capital management (gestione del capitale umano) ma semplicemente si distribuiva a caso e poi si raccoglieva più di quello che si era dato, punendo coloro che non si erano prodigati per il padrone.
Direi che questa parabola é un perfetto esempio di catto-comunismo: il cattolico italiano giustifica la sua inadeguatezza con il Vangelo, per imporre un modello di sfruttamento – ovvero bloccare l'ascensore sociale – basato sulla becera competizione quando oggi sappiamo che invece collaborazione e co-competizione sono alla base del successo personale e della società.
Non stupisce che si stia scoprendo che tale parabola era raccontata ai palestinesi sottomessi dai romani da quello che loro respiravano un maestro ma in realtà pare fosse il figlio di un graduato romano che era stato mandato in Egitto ad apprendere l'arte degli scribi circa la seduzione delle masse.
Così, anche con queste subdole interpretazioni del parola di Gesù, l'Italia ha accumulato handicap su handicap e gli Italiani dinamici e produttivi hanno cominciato a fuggire in massa dal Bel Paese.
Ma sarebbe sbagliato puntare l'indice contro i pastori perché le pecore sono tali. Gli italiani hanno scelto di essere tali, ogni giorno, da molti decenni. Anche perché, gli stessi pastori, fanno ciò che fanno perché le percore sono ciò che sono.
Insomma, ogni gregge ha i pastori che si merita ed entrambi vanno per la via che gli compete perché se la meritocrazia latita fra gli italiani, resta un fondamentale in natura e non esista uomo o popolo che possa sottrarsi alle spietate leggi di natura che vedon i GRUPPI inadeguati – e NON gli INDIVIDUI – scomparire a vantaggio di quelli più adatti.
Perché il Darwinismo è una teoria dei gruppi (specie) ovvero una teoria del Caos (approccio statistico complessità) che non si applica agli individui per i quali gli eventi contingenti sono più determinati delle regole generali.
Così ci ricolleghiamo all'osservazione di John Nesh che dimostrò teorizzando l'equilibrio di Nesh che la congettura di Adam Smith circa la mano invisibile del mercato mossa dalla natura razionale egoistico del singolo agente nel mercato (shareholder, investitore, speculatore, consumatore, lavoratore, etc.) è fondamentalmente errata.
Conclusione a cui si poteva giungere anche osservando che le persone non agiscono in modo nè razionale nè egostico ma piuttosto in modo irrazionale ed emotivo.
Questo comportamento è persino più esasperato nei gruppi di individui dove si osserva chiaramente, da un punto di vista antropologico, che le dinamiche di branco e la coscienza collettiva hanno caratteristiche assai più irrazionali ed emotive della media dei componenti.
Insomma, la scimmia che è in noi, emerge nel branco in modo più evidente che non nel generico singolo preso a caso. Quindi le dinamiche di gruppo sottendono ai dei fenomeni di moltiplicazione tipici delle reazioni a catena o più correttamente delle risonanze.
La risonanza di un sistema articolato non si manifesta sull'armonica fondamentale (istinto di sopravvivenza) che generalmente è vincolata alla realtà e non si manifesta sulle armoniche elevate (i telligenza e razionalità) ma sulle armoniche basse appena sopra a quelle fondamentali (istinto del branco).
Basterebbe notare che nella teoria quantistica delle particelle elementari (Quantum Chrono Dynamics, QCD), gli stati di risonanza sono gli unici accessibili e nei sistemi macroscopici (molte particelle, molti individui) probabilisticamente lo stato più comune non è quello fondamentale (zero assoluto) ne quelli ad alta energia ma quelli distribuiti (distribuzione di Poisson [¹]) sopra a quello fondamentali.
La disgressione scientifica è stata aggiunta prima della conclusione per sottolineare che ci sono opinioni, anche supportate da convinzioni molto radicate, ma la società umana e le sue dinamiche COMUNQUE non trascendono dalle leggi della natura per quanto alcuni lettori facciano fatica ad accettare l'idea che l'uomo, pur distinguendosi dagli animali, NON è al di sopra delle leggi di natura.
Perciò non c'è una conclusione diversi da quella di dover essere competenti e competitivi ad affrontare le sfide complesse del presente che hanno poco in comune con il passato così come noi abbiamo poco in comune con gli Scimpanzé anche quando la nostra società né ricalca alcuni tratti caratteristici delle dinamiche tipiche delle loro enclavi.
Al pari della religione, sembra che l'economia si sia sviluppata non come una scienza ma come in corpus di nozioni dogmatiche sostenute da una dottrina invece che dal metodo scientifico e da osservazioni empiriche.
In God we trust.
Stampato sul dollaro americano sembra essere il manifesto di questo approccio dottrinale e dogmatico all'economia, alla finanza e alla società.
Da scienziato non posso non osservare che questo approccio manchi dei fondamentali del metodo scientifico e sia affetto da macroscopici errori nei principi – e in estrema sintese, che nella sua complicazione – l'economia, la finanza e la cultura popolare di massa occidentale – mascheri una più prosaica e semplice realtà ovvero che sia per la maggior solo sterco.
L'Italia é solo un paese vittima di questo approccio e al ragione é abbastanza ovvia: metà dei residenti italiani sono analfabeti funzionali, in termine edulcoranto per dire "rincoglioniti". Difficile non essere vittime della propaganda quando si diretta della competenza e, frequentemente, persino delle basi.
Vale la pena di aggiungere due fatti, la cui interpretazione del singolo può essere soggettiva e anche diametralmente opposta a quella qui presentata.
Le attività umane sono la causa primaria del cambiamento climatico, di cui l'innalzamento medio della temperatura globale e la quantità di CO2 che compone l'atmosfera sono due dei principali parametri di valutazione del fenomeno, di cui gli effetti più evidenti sono un esponenzialmente rapido inasprimento degli eventi microclimatici, dell'incremento della loro frequenza e della loro imprevidibilità che ha portato più persone alla conclusione che il clima stia impazzendo o più nostalgicamente che non ci siano più le mezze stagioni, un modo semplicistico per descrivere la tropicalizzazione dei climi che prima erano temperati.
Inutile dire che il cambiamento climatico, il surriscaldamento e la responsabilità delle attività umane sono state messe in discussione e persino negate nonostante si abbia conferma che, non solo si conoscessero le conseguenze delle attività umane all'inizio dagli '60 ma anche che essere erano state precisamente previste a metà degli anni '80. Sapevamo eppure a mezzo secolo di distanza siamo ancora impantanati nel dibattito con coloro che negano l'ovvio finché l'ovvio non diventerà evidente a tutti, allora non potrà più essere negato ma nemmeno potrà essere evitato.
Silvio Berlusconi scende di nuovo in campo: «Mi candido alle Europee». L'annuncio del leader di Forza Italia in Sardegna: «M5S come comunisti nel '94 ma incompetenti».
Una notizia che riporta in auge la gattopardesca e consueta, italianissima pratica di dare il peggio per far accettare il meno peggio al fine di non permettere alcun cambiamento ma solo una perenne e ciclica restaurazione. Questo non è un paese ingessato ma imbalsamato!
Nel nostro caso, non si nega la necessità di dare delle riforme al paese semplicemente si azzera ogni opportunità di cambiamento per poter ristabilire l'obsoleto come fosse una novità o, per lo meno, il meno peggio.
Come anticipato di entrambi questi fatti si può avere un'opinione personale anche diametralmente opposta a quella qui proposta ed é assolutamente lecito e normale che sia così: tante teste, tante idee.
Il problema é che le teste dovrebbero essere usate per pensare e non per accordarsi su verità temporanee e di comodo, cosa per la quale serve una capacità notevole di dimenticare velocemente e una profonda ipocrisia che non tutti hanno
Ma c'è un elemento che accomuna questi due fatti più ancora delle apparenti diversità, il concetto di morte come fatto necessario e strutturale della vita, indispensabile per l'evoluzione e il progresso.
Gli occidentali hanno rifiutato l'idea della morte quale essenziale fatto della vita, l'hanno relegata all'idea della fine della vita.
Una prospettiva piuttosto ragionevole per il singolo individuo per il quale effettivamente la nascita rappresenta l'inizio di un percorso e la morte la fine di quel percorso.
Così come la teoria di Darwin riguarda soprattutto le specie (gruppi) piuttosto che gli individui, anche la morte ha quel ruolo fondamentale e positivo che sopra si é descritto quando la si osserva da una prospettiva della specie che per mantenersi adatta al cambiamento ambientale pone un limite alla vita degli individui della specie.
Il ritorno del vecchio alla ribalta incarna il mito greco della Fenice che risorge dalle sue ceneri, ne incarna l'innaturale rifiuto della morte che é diffuso in Italia e propone il mito dell'eterna giovinezza.
Questo legittimo desiderio dell'individuo é diventato cultura di massa. Ma si tratta di un delirio collettivo perché gli anziani che estendono arbitrariamente la loro vita e influenza determinano il suicidio della società perché essa non sarà capace di adattarsi alle novità e quindi sfruttare i cambiamenti esterni come opportunità.
L'italia é un esempio eclatante di questo delirio che sta affliggendo l'occidente e che lo sta facendo regredire in termini finanziari, economici, dei diritti civili e umani, della cultura, della società e più in generale ne impedisce, non soltanto il cambiamento, non soltanto il progresso, ma anche pone pesanti ipoteche sul futuro e a rischio l'esistenza.
L'Occidente, oggi più che in passato, urla al cielo:
noi siamo eterni, dopo di noi il nulla.
La seconda parte è vera, la prima è il delirio.
Se l'Occidente fosse un libro, in questo capitolo, il fatto nazionale sarebbe l'incipit mentre il fatto globale sarebbe la risposta della realtà per mano della natura, ovvero la conclusione del libro.
Ma non dobbiamo rattristarcene perché la natura, ogni volta che chiude un libro, ne apre uno nuovo perciò un mondo nuovo sta per cominciare.
Non è detto che noi lo vedremo, non è detto che l'umanità ne faccia parte e non è nemmeno detto che della nostra presunzione di essere il centro e la ragione del creato rimanga alcuna traccia. Probabilmente, dell'umanità rimarrà soltanto una manciata di sonde spaziali perse nell'infinità del cosmo.
Questa è l'unica ragionevole prospettiva che l'uomo, e l'umanità in generale, possono avere dell'eternità.
Molto del malcostume italiano era già stato presentato nel film La Meglio Gioventù, uscito nelle sale nel 2003, di cui vale la pena riportarne almeno due frammenti:
ma gli italiani preferiscono rimanere ancorati alla nostalgia di un fastoso passato quale quello rappresentato nel La Dolce Vita di Federico Fellini.
[¹] ma quando la temperatura del sistema è molto al di sopra della zero assoluto allora la distribuzione appare più simile a un gaussiana ma non può esserlo in quanto lo stato fondamentale rappresenta il limite finito di energia minima mentre il limite superiore è tendente all'infinito: tutta l'energia dell'universo concentrata in una sola particella e zero nelle altre. Perciò il limite superiore è MOLTO più distante del limite inferiore, comunque anche nei plasmi ad alta energia.
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(C) 2019, Roberto A. Foglietta, testo licenziato sotto licenza Creative Common Attribution-NoDerivatives 4.0 International (CC BY-ND 4.0).