Fare innovazione

Created on 2016-05-04 05:31

Published on 2016-05-04 06:28

Published on May 4, 2016

Se noi abbiamo un manuale su come fare bene una cosa, lo diamo a un buon ingegnere e questi la farà bene. Se il manuale non lo abbiamo, non è completo o non pare funzionare come ci aspettiamo allora c'è bisogno di qualcos'altro che un tempo si chiamava problem solver perché si richiedeva a posteriori.

Oggi, tutto è più veloce e ci si aspetta che il problem solving sia proattivo e non basta più che sia una reazione a posteriori.

In estrema sintesi fare innovazione non significa adattarsi ai cambiamenti ma essere attori dei cambiamenti. Per ottenere questo risultato occorre che il sistema azienda sviluppi due caratteristiche fondamentali: l'approccio olistico ovvero saper curare il paziente piuttosto che curare solo i sintomi e l'antifragilità ovvero la capacità di trasformare lo stress del cambiamento in uno stimolo creativo.

Per essere attori del cambiamento bisogna saper sviluppare un approccio olistico alle sfide e una cultura dell'antifragilità.

Lo scopo di un professionista dell'innovazione non è quello di diventare un super esperto della materia tecnica che affronta ma è quello di condurre le persone a una meta che non era ovvia a partire dalle idee iniziali. Poi sarà la strategia aziendale a selezionare quelle idee che risultino allineate con essa oppure si modificherà la strategia in funzione di una soluzione inattesa ma recepita attraverso l'innovazione.

Henry Ford sosteneva che gli chiedessero un cavallo più veloce perché non sapevano, ancora, cosa fosse un'automobile.

Un'idea nuova, descritta da zero, è molto difficile da comunicare e ancora meno da far capire. Per introdurre una nuova idea, è meglio utilizzare un'analogia con un'idea conosciuta e poi spingere sul confronto fra il vecchio e il nuovo. Questo dovrebbe far emergere una buona domanda

Cosa possiamo imparare dagli errori del passato per sviluppare una soluzione migliore?

Nel cercare di migliorare un'idea esistente spesso ci focalizziamo su degli aspetti tecnici che sono sicuramente importanti senza, però, tenere conto che dovremmo invece apprendere dagli errori piuttosto che preoccuparci di correggerli come elementi a se stanti, perché essi non sono a se stanti, piuttosto sono il risultato di un dato ambiente e di un determinato processo.

Non tutti gli errori sono uguali: ci sono errori che comportano dei problemi e ci sono errori utili che ci insegnano a fare le cose in modo migliore: a sbagliare meglio!

Questi sono chiamati gli errori utili perché, a differenza di quelli che creano problemi, sono parte necessaria dell'apprendimento e del processo creativo.

E' importante abituare le persone a fare errori creativi perché faranno meno fatica ad affrontare quelli che sono problematici.

Punire chi commette errori ha come effetto quello che le persone cercheranno di nascondere le proprie difficoltà e probabilmente saranno più brave in questo che nel trovare soluzioni. Occorre premiare i tentativi perché ogni tentativo è un possibilità in più per l'innovazione [nota 1]. Questo motiva le persone a fare qualcosa che sentono come loro proprio e perciò trasferiscono sul lavoro la loro ambizione, la loro energia e il loro entusiasmo perché non hanno ricevuto una direttiva ma hanno trovato un'opportunità di espressione. 

Premiare i tentativi invece che punire chi commette errori è il primo passo per sviluppare una cultura della creatività.

Il successo dell'innovazione non dipende da quello che fa il facilitatore ma da quello che fanno gli altri con il suo aiuto o attraverso il suo stimolo. Anche se parliamo spesso di team working, siamo abituati a un concetto di successo individualista quindi non è immediato capire che una buona squadra di calcio è tale perché ha anche un buon allenatore e un buon manager.

Siamo abituati a parlare di team working ma manteniamo un concetto di successo individualista e quindi competitivo.

E' vero che l'innovazione richiede il consenso dal basso (nel fare, development) ma richiede anche la direttiva dall'alto (volontà, management) e richiede il supporto di un esperto in innovazione (stimolo, coaching). Se l'azienda non desidera fare innovazione perché dovrebbero farla le persone? Senza la volontà dall'alto l'innovazione non è un opportunità per tutti e quindi molti la percepiranno come un rischio, un'alterazione dello status quo e resisteranno.

Perché le persone dovrebbero osare se non è l'azienda a chiedere di fare innovazione?

Chiedere è facile, fare innovazione lo è di meno, perciò servono competenze specifiche perché l'innovazione non è un rischio ma un'opportunità e il rischio nel non coglierla è che la colgano i concorrenti.

L'innovazione non è un rischio ma un'opportunità, il rischio è che tale opportunità la colgano i concorrenti.

Quali sono invece i presupposti che rischiano di rendere l'innovazione poco efficace oppure estemporanea? Il più importante di tutti è la consapevolezza delle persone coinvolte ovvero la comunicazione. Non si può fare – bene – innovazione in sordina occorre che tutti siano coinvolti. Le resistenze delle persone possono essere superate anche attraverso la comunicazione ma la comunicazione coinvolge il management ed è a questo punto che si potrebbe presentare un'altra resistenza. Perché l'innovazione cambia i processi, cambia i prodotti ma cambia anche l'organizzazione perché le persone sono più coinvolte.

Le persone sono suscettibili al merito perciò è fondamentale comunicare una corretta definizione del ruolo dei facilitatori.

Esiste il merito di chi fa le cose (l'errore è implicito, chi non fa non sbaglia). Esiste il merito di chi aiuta a fare le cose in modo migliore (coach). Esiste il merito di chi dirige (manager). Ci sono ruoli differenti che è giusto identificare se si vuole poter distribuire correttamente il merito. Altrimenti ci si trova con dei giocatori che competono per il possesso di palla con l'allenatore!

L'importanza dell'innovazione sta nel cercare di cambiare lo status-quo in modo organico rispetto alle strategie dell'azienda.

L'importanza dell'innovazione sta nel cercare di cambiare lo status-quo in modo organico rispetto alle strategie dell'azienda piuttosto che lasciare che lo status-quo si consolidi o evolva in funzione di elementi incidentali e dei rapporti interni. In questo modo si diventa davvero gli attori del cambiamento.

Cambiare è una scelta, fare innovazione è un'abitudine e parte di una cultura.

 L'innovazione comporta dei cambiamenti che generano stress, lo stress genera conflitti. I conflitti possono farci dimenticare una regola fondamentale senza la quale l'innovazione può bloccarsi e non ha modo di trasformarsi in cultura 

Bisogna essere duri con il problema ma morbidi con le persone.

I cambiamenti fanno emergere la ruggine: questo non è scontato e a priori non abbiamo idea di cosa emergerà. Perciò l'innovazione comporta due sfide:1) non sappiamo quello che non sappiamo, finché non cambiamo modo di farlo;2) riuscire a trasformare la ruggine in un'occasione costruttiva.

Non sappiamo quello che non sappiamo, finché non cambiamo modo di farlo.

Per questa ragione saremmo indotti ad affrontare l'innovazione con estrema prudenza ma questo ci porterebbe a non fare realmente innovazione.

Facciamo così perché abbiamo sempre fatto in questo modo.

L'innovazione richiede un po' d'iniziativa, anche poca, ma è indispensabile.

Vi serve fare innovazione? Siete realmente disposti a sviluppare un approccio efficace all'innovazione? Una possibile strada è quella di assumere persone che stimoli la cultura dell'innovazione all'interno della vostra azienda. Un'altra possibile strada è quella di fare formazione specifica ad alcune persone dello staff. Queste due strade non sono mutuamente esclusive ma si completano a vicenda.

I consulenti dell'innovazione sono utili per definire le strategie e aggiornare i processi ma affinché l'innovazione diventi un'abitudine non basta solo un buono stimolo iniziale ma anche una pratica quotidiana perché le persone devono abituarsi a piccoli cambiamenti continui per scoprire che è molto più entusiasmante lavorare in un ambiente dinamico.

Note

[1] update October 5th, 2016 - Ho avuto la possibilità di apprezzare un collega sostenere che fare innovazioni per tentativi sia uno dei falsi miti da sfatare. Effettivamente l'innovazione efficace è un metodo non un tentativo. Il collega stesso citava anche un ricerca nella quale a seguito di importanti investimenti una grande azienda era passata dal 15% di successi a quasi il 50% di successi nell'innovazione dopo alcuni anni. Questo significa che se prima facevano 6 tentativi per ottenere un'innovazione efficace, oggi ne fanno 2... un momento... nonostante tutto questo tempo, soldi e persone coinvolte sono passati da 6:1 a 2:1 tentativi, continuano a fare tentativi? Vuol dire che non hanno metodo? I tentativi servono alle persone per imparare. Anche se il metodo fosse perfetto, il migliore al mondo, ci vuole del tempo per padroneggiarlo. Quindi sono vere entrambe le cose: 1) ci vuole metodo altrimenti si procede a caso; 2) è importante fare tentativi, con metodo, per fare innovazione efficacemente. E' anche importante avere l'approccio giusto perché come diceva il collega - innovare non significa inventare, altro falso mito da sfatare. L'invenzione è per la maggiore merito di un singolo o di un piccolo gruppo ma l'innovazione è qualcosa che impegna tutta l'azienda: CDA, R&D, Produzione, Marketing e Sales. Se l'approccio non è olistico, sistemico, globale, etc. allora l'invenzione avrà una buona probabilità di rimanere nel cassetto, non essere sfruttabile commercialmente, non essere recepita dal mercato o peggio copiata e sfruttata efficacemente da un concorrente. Kodak docet.

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(C) 2016, Roberto A. Foglietta, testo licenziato con Creative Common Attribuzione - Non commerciale - Condividi allo stesso modo 3.0 Italia (CC BY-NC-SA 3.0 IT).