Created on 2017-01-18 03:51
Published on 2017-01-23 10:23
Published on January 23, 2017
Ora, un diritto equivale a un dovere, ad esempio quello di rispettare la decisione del partner di lasciarle (anche emotivamente, non necessariamente allontanarsi) senza che questo generi in loro il senso della vendetta − perché se è vero che le donne sono meno propense a usare la violenza fisica − non di meno lo sono verso altri tipi di violenza.
Donne che tutta la vita aspettano il Principe Azzurro e poi rischiano la vita per lasciare l'Orco Cattivo. Qualcosa nel processo di selezione del partner deve essere andato storto.
Ora, se vogliamo identificare un certo tipo di uomo come un animale − un lupo, come solitamente si dice homo homini lupus − allora bisogna tenere presente che un lupo può essere addomesticato (cane) − ma a meno di non avere a che fare con un chiwawa − menare il belino in lungo e in largo a un cane lupo, decisamente aumenta la probabilità che diventi mannaro.
Le donne scelgono uomini che le emozionino e che le facciano sentire sicure.
Uno dei tratti della sicurezza è quello di avere un Bruto Asservito ovvero un Orco Buono che si possa gestire. L'ingestibilità è considerata motivo di preoccupazione. D'altronde le emozioni autentiche − come se le altre fossero artificiali, ma ci siamo capiti − sono frutto di imprevedibilità e questa è fondamentalmente il primo stadio dell'ingestibilità.
L'ingestibilità non è un difetto, anzi. Nella misura che essa rimane confinata entro certi limiti è un ottima cosa. Ecco, il punto è che l'imprevedibilità (creatività), che è alla base dell'ingestibilità ma anche dell'intelligenza, non ha potenzialmente limiti: come una gaussiana che si estenda all'infinito in entrambe le direzioni. Il fatto che le code di una distribuzione di probabilità non siano significative in termini di moda (fenomenologia dell'ordinario), ciò non significa che non possano manifestarsi eventi rari, sia nel bene che purtroppo, nel male.
Su un grande numero di persone, tutte diverse fra loro, anche gli eventi rari arrivano alla ribalta della cronaca. Uno alla settimana, ribadito tutti i giorni, sembra che ci sia una guerra in corso.
Statisticamente parlando l'omicidio è in costante diminuzione ma se questo dato viene diviso per genere si ottiene che la vittima maschile è sempre meno frequente mentre quella femminile è all'incirca costante. Ora la statistica sarebbe opportuna dividerla in quattro tipologie a secondo dei generi della coppia carnefice-vittima più una quinta categoria per tutti gli altri. Probabilmente scopriremmo che l'omicidio è in termini di carnefice prettamente maschile e in termini di vittime prettamente femminile. Perciò, seguendo questi trend statistici si potrebbe dire che quando i maschi avranno imparato a non ammazzarsi fra di loro, continueranno con la medesima frequenza ad ammazzare le femmine. Allora c'è qualcosa che non mi torna: Orchi Cattivi ma solo con i deboli?
Se il problema degli omicidi perpetrati da maschi fosse nella debolezza fisica delle vittime allora i bambini sarebbero il target numero uno. Falso.
È paradossale notare come la violenza, di vari tipi non solo quella fisica, si consumi spesso in un ambito di una relazione continuativa mentre sia piuttosto rara la violenza causale e gratuita. In realtà anche quella che ci appare casuale e gratuita segue degli schemi interiori che non possiamo osservare. I serial killer non uccidono a caso, anzi più sono metodici, più selettivamente scelgono il tipo di vittima − l'individuo di per se stesso è preso a caso − ma appartiene a una categoria, spesso ben definita, nella mente del serial killer. Il fatto che ci siano pochi serial killer in giro e molti terroristi dipende dal fatto che le persone si sono omologate al punto tale che è difficile distinguerle in modo evidente.
Si è passati da " uno per tutti e tutti per uno" a " uno vale uno" e siamo finiti che " uno vale un'altro". È stata realizzata l'utopia dell'uguaglianza in tre passaggi.
Le cose si sono appiattite nel versante sbagliato e non poteva che essere così. Eticamente l'appiattimento e l'omologazione non può essere un valore. Perché esso è contrario alla vita che invece predilige la varietà e l'eterogeneità. Il versante nel quale tutto avviene in modo normale e quindi noioso − perciò l'emozione va ricercata come qualcosa di eccessivo − piuttosto che in splendidi ricordi che arredino la nostra vita.
L'aspetto più emergente è il possesso ovvero la tendenza che sia un nostro diritto e persino un nostro dovere trattenere le emozioni, al punto persino da vergognarci ad esprimerle o mascherarle, piuttosto che accettare che esse siano un'esperienza transitoria e come tale da vivere in pieno.
La necessità della transitorietà − panta rei, tutto scorre, tutto cambia − e per eccesso la transitorietà della vita, quindi la morte − non deliberata ma quella accidentale, per malattia o per anzianità − come passaggio naturale del ciclo di vita è insita nella vita stessa. Senza transitorietà non potrebbe esserci ne sviluppo e neppure evoluzione.
Se noi trasferiamo ai nostri figli, i concetti economici di possesso alla sfera emotiva otteniamo, fondamentalmente, degli psicopatici che faranno di tutto per possedere e quindi trattenere, esperienze (non dimenticare) e emozioni (non accettare). Insomma delle piccole e micidiali mine, incomprensibili e silenziosi fino al botto.
Se non siamo in grado di esprimere le nostre emozioni, quindi di gestirle, dove vanno a finire? Dagli psicologi o sui giornali.
Ora, voglio essere un po' brutale anche se si dice che un grammo di gentilezza conquisti di più ma ogni tanto ci vuole anche un minuto di terra-terra a piedi nudi. Se nostro figlio torna a casa e ci dice "la mia fidanzatina mi ha tradito" e noi gli rispondiamo "dimenticala, è una troia" oppure "sii uomo, fatti rispettare da quella troia" allora può darsi che esca e ritorni imbrattato di sangue "ho sgozzato la troia". Bene, la troia è femmina del maiale e generalmente finisce in prosciutto. Ci ha preso alla lettera perché le parole sono etichette che descrivono la realtà. Ci siamo?
Meglio una fetta di torta che una caramella da soli. Non è l'amore a farci schiavi ma il nostro desiderio di possedere l'oggetto amato.
Se non siamo abbastanza maturi da accettare questo, allora è un nostro problema.
L'amore non è per sempre, il dolore non è per sempre, la gioia non è per sempre, la tristezza non è per sempre. Panta rei. La maturità è invece una conquista che resta.
Considerando che la maggior parte delle violenze − di cui quella fisica è solo la punta dell'iceberg − si consuma all'interno di un qualche tipo di relazione che abbia un qualche tipo di continuità appare abbastanza inutile andare a guardarsi nelle mutande, una curiosità anche legittima fino all'adolescenza, piuttosto che parlare di relazioni ovvero, per analogia, guardarsi negli occhi.
Tendenzialmente visto che le relazioni capitano, la continuità è una scelta − almeno da parte di una parte della relazione − appare abbastanza evidente che la cultura del possesso, quindi quella di trattenere, quella resistente al cambiamento, influenzi queste relazioni in modo negativo. Se una relazione parte o si evolve in una direzione indesiderata, troncarla ovvero eliminare la componente continuativa, appare la migliore delle soluzioni. Con questo principio il matrimonio e il divorzio sarebbero così frequenti che non faremmo in tempo a contrarne uno che già saremmo impegnati nella relativa separazione. È ovvio quindi che il problema non sta là fuori ma nella nostra testa.
Purtroppo anche il nostro modello sociale è improntato alla continuità in funzione della stabilità. Non dimentichiamoci infatti che il divorzio è una conquista abbastanza recente (1974) e che la poligamia sia ancora considerata reato (2017). Non che la poligamia sia una soluzione o che lo sia la promiscuità, ma principalmente, il fatto che entrambe queste pratiche siano socialmente accettabili se è il maschio ad esserne protagonista e fortemente stigmatizzate se invece è la femmina ad esserne protagonista. Il prosciutto non ha genere. Quando chiediamo un etto di cotto o di crudo non ci poniamo il problema del maiale. L'amore è solo una scusa per coprire le nostre bischerate. La virtù è la scusa per mascherare la nostra paura di essere giudicati ovvero del confronto.
Ma questo ci porta di nuovo a guardarci nelle mutande piuttosto che negli occhi. Parlare di femmicidio è da una parte una contraddizione e dall'altra la spiegazione del fenomeno stesso. Paradossalmente, l'altra parte del problema è che la parità dei diritti. Sono le persone ad avere una pari dignità giuridica a prescindere dal loro sesso biologico. Peccato che questo finisca per essere confusa con l'uguaglianza che è decisamente assurda. L'uguaglianza funziona sul piano dell'umanità, non sul piano del genere.
Per compensare questo assurdo, si è creato un insieme di pregiudizi di genere che cercano di razionalizzare l'assurdità. Le radici del problema sono quindi, fondamentalmente, due: la cultura del possesso e l'immaturità relazionale. Entrambi sono BIAS culturali (assunti preconcetti) che quindi vengono involontariamente e inconsapevolmente trasmessi prima ancora del linguaggio. Sulla prima, dobbiamo imparare a lasciare andare e sulla seconda imparare a capire e accettare gli altri.
In entrambi i casi, le perdite sono considerate un disvalore perché dal nostro punto di vista, sono un cambiamento non controllato. Mia/o moglie/marito è Mia/o marito, i Miei clienti/figli sono Miei. FALSO. Le mogli scelgono i mariti per una qualche ragione e in una certa misura anche il viceversa. I clienti scelgono i fornitori per una qualche ragione e in una certa misura anche il viceversa. Per qualche ragione, i partner restano o si allontanano, cambiano idea, e bisogna sapersene fare una ragione.
Un partner di silicone non presenta rischi!
Il libero arbitrio, quale diritto caratterizzante dell'essere umano, ci offre la possibilità di fare un errore, migliorarsi e fare un altro errore in un diverso modo e in una diversa direzione. Errare è umano e questo è il nostro viaggio. Ciò, però, non implica il diritto di ripetere costantemente il medesimo errore sperando di ottenere un risultato diverso, potrà anche accadere sul grande numero di eventi, ma sarà stata un'eccezione e non un effetto dell'insistere. C'è differenza fra tenacia e insistenza.
(C) 2017, Roberto A. Foglietta, testo licenziato con Creative Common Attribuzione - Non commerciale - Condividi allo stesso modo 3.0 Italia (CC BY-NC-SA 3.0 IT).