Created on 2016-08-25 08:00
Published on 2016-08-25 08:40
Published on August 25, 2016
Per molto tempo mi sono portato dentro una perplessità, riguardo all'innovazione. Una perplessità che in una certa misura avevo già espresso in un post dal titolo "The dark side of innovation: why top managers should care?" che in certo senso era il Mr.Hyde di un altro "Fare innovazione", perché l'innovazione occorre anche farla oltre che parlarne, ed è a questo punto che le cose diventano difficili, appunto.
Mi sono reso conto che il problema più difficile da affrontare nel fare l'innovazione è proprio quel muro di gomma che è uno strumento eccezionale per evitare la deriva di un azienda ma allo stesso tempo ne è il motivo della sua inerzia, proprio nel senso fisico del termine, ovvero la capacità di mantenere lo stato di moto invariato, proseguire per la sua strada: "we are going to make business as usual" e "too big to fail".
Noi sappiamo che in un mondo complesso in continua evoluzione l'innovazione avviene, prevalentemente, altrove. Innovation Happens Elsewhere: Open Source as Business Strategy Hardcover – April 25, 2005 by Ron Goldman and Richard P. Gabriel. Un concetto ormai diffuso da almeno 10 anni.
Per questa mia perplessità non avevo, però, ancora trovato le parole giuste. Finché non ho visto questo video di Oliviero Toscani.
video link: https://www.youtube.com/watch?v=M_p4ToxG0Yg
In particolare mi ha convinto una sua frase, quella in cui riporta l'opinione di un altra persona nei suoi confronti:
Oliviero, io ti voglio libero perché se non sei libero non mi servi
Questa frase incarna lo spirito dell'esploratore, un uomo capace di trovare nuove strade che poi altri seguiranno, che dopo, altri seguiranno.
Sappiamo che oggi è valutato positivamente il leader che serve e in questo ruolo si identifica il manager che è una figura chiave e imprescindibile per ogni azienda. Sappiamo quanto sia importante saper fare lavoro di gruppo, il che ovviamente comporta dover mediare fra molte posizioni e sapersi muovere in sintonia. Eppure c'è qualcosa che non mi ha mai del tutto convinto - non sulla teoria - ma sulla pratica, ovvero come viene declinata nella realtà, quello che pensiamo dovrebbe essere e gli effetti che ci aspettiamo che abbia. Il mondo reale non è il mondo ideale perciò le nostre idee che in teoria sono giuste potrebbero non portare ai risultati che ci aspettiamo.
Quando andiamo a fare innovazione sappiamo che è necessario mettere in discussione lo status-quo, scardinare anche le regole base per ripensare tutto in un'altra ottica. Spesso - anzi l'innovazione che ha maggior successo - non è quella che reinventa la ruota ma quella che mettendo in discussione la ruota, tutta la ruota, la migliora, magari solo per un particolare, un particolare ma fondamentale per il successo. Ma affinché fosse possibile fare quell'innovazione, tutto quanto doveva essere rivisto perché a priori non si può conoscere quale sia il dettaglio da innovare e come esso si integri con tutto il resto.
Per qualunque cosa che facciamo, anche nel contesto dell'innovazione, non possiamo trascurare i nostri stockholders sia quelli interni, sia quelli esterni. Eppure dobbiamo saper rimanere abbastanza liberi e indipendenti da poter proporre cose che vanno contro l'immediato interesse dei nostri shareholders. Una contraddizione che in teoria non esiste perché tutti sono favorevoli all'innovazione, quando essa è avvenuta, ma in pratica nessuno l'agevola prima che essa avvenga, perché il processo d'innovazione - è un processo - che mette in discussione lo status-quo e allora...
...allora forse anch'io potrei essere messo in discussione (cit.)
Invece, noi sappiamo che Olivierio è Olivieri Toscani perché ha osato. Ha osato con intelligenza ed è riuscito in quello che ha osato fare. Ma sono convinto che guardandosi alle spalle, ognuno di noi che abbia osato qualcosa di innovativo, prima di essere riuscito in ciò che osava fare, è stato ostacolato da coloro che avevano un'agenda e una visione di breve periodo. Oliviero li chiama i mediocri, coloro che vivono sulla media, nella loro comfort zone, coloro che fanno così come fanno tutti, coloro che non desiderano essere messi in discussione.
La critica più ovvia alle opinioni espresse nel video è che " Oliviero se lo può permettere" mentre " altri no" ne è la conclusione implicita. Invece, noi sappiamo che Olivieri è Olivieri Toscani perché ha osato!
Oliviero si esprime con parole anche forti che un artista può permettersi. In altri contesti non mi sono trovato d'accordo con le sue opinioni ma sfido chiunque a trovare qualcuno con cui si è sempre d'accordo che non sia la propria moglie.
L'ispirazione che possiamo trarre dal suo messaggio è che, oggi in un mondo in cui l'innovazione avviene altrove, la nostra offerta rischia di diventare una commodity indistinguibile da molte altre e per reagire a questo ineluttabile fato, la scienza, i metodi, l'esperienza e le capacità non sono abbastanza ma serve anche il coraggio. Il coraggio di proporre, di gestire il cambiamento anche a rischio di essere messi in discussione, ma messi in discussione da persone all'altezza, all'altezza del cambiamento che proponiamo.
Quando Oliviero parla di innovazione e dice che l'Italia è un caso particolare, dice il vero perché in Italia, sopratutto, manca il coraggio di proporre e di portare avanti l'innovazione che capita comunque perché, il nostro, è un paese con una diffusa creatività come dimostra il nostro sterminato patrimonio culturale, che è primo anche di fornte alla Cina che pur è un grande quanto un continente e con una storia e una cultura di diversi millenni più antica.
Allora per superare questo limite e sfruttare al massimo il potenziale creativo dobbiamo istituzionalizzare la figura dell'esploratore che non è quella del ricercatore, dello scienziato che fa ricerca, ma quella figura a cui si rifà l'etimologia della parola imprenditore: un capitano di ventura che gestisca il rischio di un'impresa, l'impresa di portare innovazione all'interno delle aziende.
Il problema di questa figura è anche quello che "l'innovazione quando ha successo è come una specie di magia" e allora potrebbe essere difficile distinguere un capitano di ventura da un ciarlatano. La preparazione e il coraggio ma soprattutto fra gli altri, ci può essere utile, un indicatore: il numero e la forza degli oppositori interni ed esterni. L'innovazione è una piccola rivoluzione e non esiste scienziato, inventore, innovatore o rivoluzionario che abbia goduto del consenso unanime, anzi il contrario. L'innovatore non è un mediocre, per definizione, e un mediocre non fa paura a nessuno.
Istituzionalizzare la figura dell'esploratore serve a togliere questa aura magica all'innovatore e riportarlo ad essere una figura concreta, preparata e rispettata perché il suo ruolo viene compreso - che non è quello di contestare o di giudicare - ma di revisionare per migliorare, possibilmente cambiando il meno possibile. Perché l'innovazione di successo è quella che ci fa vincere cambiando un dettaglio importante, magari un dettaglio meno importante ogni giorno, ma comunque non stravolgendo il nostro modo di lavorare, non necessariamente.
E' vero invece il contrario, che non istituzionalizzando l'innovazione come un processo quotidiano poi si sia costretti ad intervenire con misure eccezionali, generalmente in casi d'emergenza. Perché spesso l'emergenza è l'unica scusa valida che si trova per accettare il cambiamento. In questi casi, è ovvio che le persone si facciano un'idea sbagliata dell'innovazione come qualcosa che stravolge il loro modo di lavorare e mette a rischio la loro posizione in azienda. Ma questa parte non è tipica dell'innovazione, invece è tipica proprio del suo contrario: tutti i piccoli quotidiani cambiamenti che non sono stati fatti, poi accadono tutti insieme, eventualmente in emergenza.
(C) 2016, Roberto A. Foglietta, testo licenziato con Creative Common Attribuzione - Non commerciale - Condividi allo stesso modo 3.0 Italia (CC BY-NC-SA 3.0 IT).