Il debito aggregato è solo make-up

Created on 2024-05-10 21:55

Published on 2024-05-10 22:16


Ho trovato molto interessante un post di Marco Pugliese che presenta il debito aggregato in questi termini:

Debito aggregato come parametro, usciamo dalla narrazione tedesca che vuol il debito pubblico (Schuld in tedesco significa colpa) come unico parametro.

di cui l'immagine ad inizio articolo era parte del post e sua fonte dei dati.


MOLTO INTERESSANTE MA NON È SUFFICIENTE

Il debito aggregato è un'ottima misura si solvibilità di una nazione ma solo in un'ottica socialista ovvero accettando il principio per il quale la società è l'asset che garantisce tutti gli altri.

Altrimenti non è ragionevole aggregare il debito privato a quello pubblico come misura della solvibilità ma solo come misura dell'indebitamento assoluto, che sono due cose MOLTO diverse.

Infatti, se lo stato fallisse, le banche anche qualora detenessero grandi volumi del debito pubblico cosa che generalmente è vera in particolare per le banche nazionali ora sostituite da quelle centrali come la BCE. Se le banche fallissero, anche i debiti che fanno loro a loro capo verrebbero gestiti in maniera diversa, e forse nemmeno troppo utopicamente cancellati o ridotti drasticamente, più probabilmente come accede per le cartolarizzazioni sub-prime ante 2007 che poi a posteriori furono svalutate come crediti deteriorati.

Quindi il problema del debito - in generale, sia pubblico sia privato - può risolversi anche con il fallimento (default) non necessariamente con un processo di assolvimento. Cosa su cui palesemente stanno puntando gli USA.


CREAZIONE DI VALORE = SOLVIBILITÀ

Ora ritornando alla questione della solvibilità del debito e accettando che sia quello aggregato a far testo, occorre confrontarlo in rapporto al valore prodotto ma in questi termini il PIL non è una misura valida in quanto esso, intrinsecamente, contiene il valore di tutte le transazioni quindi sia quelle che hanno prodotto valore, sia quelle che hanno consumato valore, inclusi gli sprechi. Evidente che per degli incapaci, la maniera più semplice di aumentare il PIL sia aumentare lo spreco. Un trucchetto che dura al massimo una generazione prima del default.

Per fare un esempio concreto: vado in banca a chiedere un finanziamento personale e ovviamente presento un dossier della mia storia creditizia inclusi gli asset che potenzialmente potrebbero fornire una garanzia di solvibilità. Fra questi metto la mia abitudine di mangiare 4 fiorentine e bere 4 litri di birra al giorno, e di vivere su un panfilo. Più consumo, più sono solvibile, no? Ecco questo è il concetto del PIL.

Quindi il problema dell'Italia - ovvero la sua ineluttabile condanna al default - non dipende dal debito pubblico ne da quello aggregato ma alla sua incapacità di creare valore piuttosto che di consumarlo.

Alla fine possiamo rigirarci la frittata quanto vogliamo ma il problema rimane sempre lo stesso: chi produce valore e quanto? Il resto sono solo numeri relativi a quelli.


ALTRIMENTI PATRIMONIALE

Senza contare che considerare la solvibilità di un paese in termini di debito aggregato implica affermare che prima o poi si arriverà a fare delle feroci patrimoniali per saldare il debito verso terzi rispetto a quel paese. Lo step successivo sarebbe quello di mettere anche le future generazioni - ovvero la nostra prole - in quello schema di recupero crediti verso terzi, in pratica sfociando nel più bieco proletariato: bambini in fabbrica.


LA CINA D'EUROPA

Curiosamente è quello su cui ha puntato l'Italia con il suo misero 20% di laureati rispetto alla popolazione residente, metà della media del 40% nel resto dell'Europa (UE27). Si mandano i giovani il prima possibile a fare lavori che poi saranno rimpiazzati da automatismi industriali (robot) oppure a competere con la mano d'opera sottopagata dei paesi in via di sviluppo.

Senza sorpresa, dopo aver ben scartato l'idea della solvibilità in termini di debito aggregato, scopriamo ancora il vecchio cavallo di battaglia della Confindustria, meglio sarebbe dire ronzino, che si riassume nel semplice ma devastante mantra: diventare la Cina d'Europa.


IL SUICIDIO DEMOGRAFICO

Un suicidio anche demografico inciso sulla nostra lapide il giorno in cui - abbastanza a sorpresa - gli USA hanno dato il loro benestare all'ingresso della Cina nel WTO (2001) curiosamente avvenuto l'anno dopo la messa in circolazione dell'Euro (2000).

Un suicidio anche demografico - specialmente se combinato con il tradizionalismo della famiglia italiana che vede il maschio come bread-winner mentre la moglie ad accudire i figli e i genitori anziani quindi una famiglia monoreddito - nel momento che l'Italia è l'unico dei paesi europei (EU27) in cui lo stipendio medio non è cresciuto negli ultimi 30 anni ma anzi diminuito del 3%.

Quindi se un Fantozzi degli anni '80 doveva mantenere 6 persone in media con un lavoro a tempo indeterminato per davvero, oggi dovrebbe fare lo stesso con uno stipendio da precario che nel migliore dei casi ha un potere d'acquisto dimezzato. Il risultato è ovviamente banale: non si sposa, se si sposa non fa figli, se fa figli allora uno solo. Creando così una lacuna demografica che per le condizioni in declino della società si prestano solo all'immigrazione dai paesi in via di sviluppo, per noi l'Africa oggi ma era l'Albania ieri.


CONCLUSIONE

Che siano di destra o di sinistra, che siano professori, intellettuali, esperti o meri opinionisti alla fine in Italia si continua a cercare di svecchiare vecchie ricette che ormai qualunque persona dotata di un minimo di buon senso e senso della realtà avrebbe già abbandonato.

Un po' come sul Titanic che mentre affonda la gente suona, balla e canta.


AGGIORNAMENTO

Grazie ad una segnalazione di un lettore che mi ha fornito dei dati aggiornati inclusivi dei trend pluriennali comparati ho potuto scriver questo aggiornamento che consolida l'argomentazione proposta in questo articolo.

Grafici presi da un articolo de Il Sole 24 Ore del 27 marzo 2023

Che si parli di debito pubblico o di debito aggregato, esso deve essere messo in relazione con la capacità di creare valore e sappiamo che il PIL non è un buon indicatore di questo nelle economie mature dove lo spreco è una frazione troppo ampia del PIL.

Infatti, noi prendiamo l'espresso a e un bicchiere d'acqua gasata per €1,20 mentre gli americani prendono il Latte da Starbucks a $7,00. Appare quindi evidente che a parità di bevanda a colazione il PIL americano risulta gonfiato di quasi sei volte. Nei paesi in via di sviluppo dove mangiano riso oppure riso condito, il PIL è un indice più attendibile del valore della produzione. Quindi il PIL è un retaggio del passato, della prima epoca industriale, dopo ha cominciato a diventare progressivamente obsoleto.

Il debito aggregato della Germania è intorno al 200% del PIL mentre quello italiano intorno al 260%. Guardando il secondo grafo vediamo che il rate dei due è cresciuto circa della stessa proporzione negli ultimi 25 anni ma quello pubblico resta maggioritario.

Ora andiamo ad osservare le fonti di reddito in termini macro e micro. Il terzo grafo indica che la nostra bilancia commerciale é zero: le nostre esportazioni compensano le nostre importazioni. Mentre il quarto grafo dice che il reddito pro-capite lordo è andato diminuendo di quasi un 10%. Peggio di noi ha fatto solo la Grecia ma la Grecia è l'unico paese UE27 ad essere fallito anche se oggi il loro debito pubblico è stato consolidato, i greci sono finiti in mutande.

Ecco, parlare di debito aggregato come indice di solvibilità significa finire in mutande come i greci. Giacché le fonti di reddito, sia macro sia micro, sono nulle o con andamento negativo allora l'unica opzione è compensare con le patrimoniali che significa alzare il livello della linea rossa e abbassare il livello di quella blu nel secondo grafo. Ne più, ne meno.

Così si declina in pratica la teoria (o l'ipotesi) di usare il debito aggregato per sostenere la solvibilità del sistema Italia. CVD.


L'UTILITÀ RELATIVA DEL PIL

Partendo da una considerazione cinica e pessimista ma anche realistica e ragionevole, alle istituzioni finanziare non importa un fico secco del benessere delle persone. Importa del PIL perché esso è proporzionale al lordo fiscalmente imponibile. Quindi il PIL mantiene un certo rapporto con la realtà quando si parla di debito pubblico ma quando si parla di debito aggregato, allora definitivamente esce di scena in ogni sua declinazione.

Per quanto riguarda, invece, lo spreco possiamo ampiamente dire che ad esso non c'è praticamente un limite teorico in un sistema finanziario dedito al quantitative easing della fiat-currency.

Headline del Washington Post del 29 marzo 2024

Appare chiaro che questi finanziamenti vadano ad aumentare il PIL in termini di transazioni (stipendi, fornitori, locazioni, etc.) ma non generano prodotto ma solo perdite o per essere più precisi generano spreco.

Perché che il pubblico sia in perdita nel suo agire è abbastanza ovvio nella misura in cui usa il denaro delle tasse per fornire servizi quali la sanità, la sicurezza e l'istruzione che di per se stessi non generano un ritorno economico per lo Stato ma ciò non di meno sono essenziali e per comprenderlo basta andare a vedere come stanno messi quei paesi in cui questi servizi mancano o sono inadeguati.

Probabilmente presto non avremo nemmeno bisogno di andare a vedere altrove, anche in Italia. Perché lo spreco è come lo zucchero, piace ma uccide.



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© 2024, Roberto A. Foglietta, licensed under Creative Common Attribution Non Commercial Share Alike v4.0 International Terms (CC BY-NC-SA 4.0).