Created on 2017-01-29 01:24
Published on 2017-01-29 02:15
Published on January 29, 2017
In Italia la richiesta di riforme è sempre stata declinata con un adattamento superficiale alle richieste popolari ma senza mai darvi un seguito effettivo e strutturale. È stato come chiedere al padre le chiavi dell'auto e ottenere come risposta: domani. Ogni giorno la stessa possibilista risposta ma lo stesso identico risultato. L'immaturità del confronto politico sfocia perciò nella tattica di bollire la rana, aumentando progressivamente la temperatura dell'acqua. Con la rana bollita scompaiono le richieste di cambiamento: onestà (1992), federalismo (2000), partecipazione (2008), innovazione (2016).
Fondamentalmente gli Italiani non hanno capito che con la fine della guerra fredda sono diventati una l'equivalente di una colonia e non una nazione perciò non conta quale tipo di cambiamento venga richiesto perché è indifferente la volontà popolare.
Il bipolarismo avrebbe dovuto produrre un'opposizione che controlla e corregge una maggioranza che governa. Purtroppo è diventato un sistema per il quale la maggioranza raccoglie interessi e li concentra sui centri d'interesse maggiori. In questo scenario, l'opposizione fa del suo meglio per bloccare le azioni per ottenere quota parte dei favori raccolti dalla maggioranza. In pratica, un sistema di governo che avrebbe dovuto essere equilibrato basato sull'azione e il controllo dell'azione è diventato un sistema di concentrazione degli interessi. Per questo stiamo tornando al proporzionale in modo che tutti quanti, indistintamente, possano raccogliere favori in proporzione al loro peso politico. Dal confronto si ritorna alla concertazione, si torna indietro, perché non si è stati capaci di andare avanti.
La tendenza popolare verso le figure forti e autoritarie, oltre che connaturate nella nostra concezione occidentale di leadership, è la naturale risposta a questa logica di spartizione delle risorse. La corretta risposta, invece, sarebbe quella di focalizzarsi sulla gestione sostenibile e indirizzata delle risorse comuni. La res publica di Cicerone.
Questo però implicherebbe avere un'identità nazionale e una maturità democratica, molto pronunciate. Tanto pronunciate quanto maggiore è la resistenza del sistema basato sullo scambio di favori che poi non è altro che una diversa fenomenologia della corruzione: distogliere le risorse per redirigerle opportunisticamente. Risorse che, invece, andrebbero gestite in favore dell'interesse collettivo. Purtroppo la questione morale è diventata un battibecco fine a se stesso. Non è infatti la moralità che interessa, se non ai rotocalchi scandalistici, ma la capacità di gestire un sistema che funzioni sia sotto l'aspetto finanziario/economico, sia sotto l'aspetto sociale/ambientale.
Dal punto di vista della collettività, il problema con i politici è che non ascoltano alcuna ragione eccetto le loro. Per loro, non ha importanza la realtà, è comunque sempre qualcosa che necessitano e desiderano di manipolare perché in fondo quello è il loro mestiere. Specialmente quando sono chiamati in causa, scaricano le responsabilità sui gli oppositori o cercano scuse nelle emergenze oppure in fattori esterni. In questo, la politica non ha dimostrato di essere una soluzione piuttosto la rappresentazione del problema di fondo ovvero l'incapacità di partecipare a qualcosa di più grande che non sia l'interesse di personale o di parte.
Il motivo per il quale non abbiamo sviluppato un sistema politico capace di un'efficiente e efficace azione di governo è intrinsecamente connaturato con la politica stessa. L'etimologia di questa parola deriva dal greco e significa gestione della Polis, della città ovvero della cosa pubblica. Ma la semantica e quindi l'operatività della politica moderna trae origine dal Principe di Macchiavelli per il quale l'inganno e il sotterfugio erano, fra gli altri, gli strumenti indispensabili al potere per mantenere il potere (Orwell, 1984).
Non stupisce perciò che in politica la componente umanistica sia prevalente quando invece l'azione di governo richiederebbe forti competenze scientifiche perché, anche se rimane vero che l'essere umano è la centralità dell'attività politica, l'attività di governo è sempre più simile alla gestione dei big data e dei sistemi complessi.
Un governo che funzioni ha necessità di un potere direttivo che per sua natura sia organico e elitario ma ha anche necessità di un potere partecipativo che per sua natura sia distribuito e inclusivo. Entrambi sono necessari. Il primo per ascoltare e comprendere le necessità sottese e affrontare le sfide emergenti. Il secondo per implementare soluzioni pratiche ed efficaci calate nel contesto e per sperimentare alternative dalle quali si possano emergere soluzioni innovative da adottare come standard futuri. Perché è ormai evidente che il cambiamento non può essere più considerato come uno sforzo una tantum ma un processo continuo.
Se in questo scenario oltre alle pratiche del management innovativo includiamo anche la gamification e l'entertaiment per consolidare la partecipazione e la comunicazione si ottiene una linea d'azione diametralmente opposta ai beceri battibecchi sulle opinioni e si sviluppa un confronto serio, ma non serioso, sui temi sociali realmente importanti.
L'attuale classe politica è inadeguata e lo ha ampiamente dimostrato. La classe politica emergente è impreparata e lo ha ampiamente dimostrato. Evidentemente la politica nell'accezione moderna del termine non è la risposta alle moderne necessità di gestione di un sistema complesso quale è una nazione che deve confrontarsi con i milioni di cittadini e miliardi di persone nel resto del mondo. Paradossalmente vi è più utilità nella cultura dell'antica Grecia di quanto non ve ne sia in quella dell'illuminismo post medioevale. Resta però impellente la necessità di colmare le lacune di competenze scientifiche di cui un moderno governo non può mancare anche a livello direzionale.
Oltre al problema della dilagante corruzione la politica ha il problema di giustificare costantemente e quotidianamente la sua stessa esistenza perché la sua utilità è ormai accertata essere quella di fare e disfare sprecando risorse, tempo e creando confusione.
È chiaro che in questo scenario, il confronto politico non può che imbarbarirsi e cercare di fare leva sull'emotività popolare con la conseguenza di portare il confronto sociale a livelli meno che urbani. D'altronde non può essere diversamente, mancando alla politica gli strumenti e i risultati necessari per definire priorità e azioni in modo oggettivo. La perdita di fiducia nella politica si trasmette alle istituzioni e il quadro è completo.
(C) 2017, Roberto A. Foglietta, testo licenziato con Creative Common Attribuzione - Non commerciale - Condividi allo stesso modo 3.0 Italia (CC BY-NC-SA 3.0 IT).