Il talento, innato

Created on 2018-09-09 05:48

Published on 2018-09-09 06:02

Ti stai chiedendo cosa sia il talento, se abbia a che fare con la passione o la pratica?

Tu hai passione per respirare? No, lo fai perché ti viene naturale farlo. Ecco, per il talento è la stessa cosa. Fai ciò che fai perché ti viene naturale farlo.

Alcuni talenti sono innati. La differenza fra innati e appresi si distingue perché coloro che imitano un talento innato ottengono un risultato insoddisfacente o addirittura disastroso.

Ciò non impedisce a un talento innato di essere maestro, ma non nel senso tradizionale che trasferisce una nozione o una competenza, ma nel senso che attraverso una serie di attività apparentemente non correlate trasferisce la sua abilità anche all'insaputa stessa dello studente.

Un esempio classico è rappresentato nel primo film "Karate Kid" in cui il maestro non insegna ma trasferisce "dai la cera, togli la cera".

Un altro esempio è Yoda in Star Wars. Yoda non insegna, sviluppa qualcosa di innato. In entrambi i casi il maestro lavora su un talento innato ma non ancora emerso, toglie il superfluo, come il taglio di un diamante ne mette in luce le sue qualità ma se si fosse tagliato del marmo il risultato non sarebbe stato lo stesso.

Un buon insegnante è colui/lei che orienta lo studente prima ancora di insegnare. Per contro un insegnante che non sappia orientare, non è un buon insegnante.

Non sono buoni insegnati coloro che temono di essere superati dall'allievo. In questo sta principalmente il fallimento del '68 italiano.

Quella dei baby boomers è una generazione caratterizzata da un enorme tracotanza che deriva da alcuni "valori" del '68 e dal fatto che si sono convinti di essere persone di successo senza rendersi conto che in realtà quel successo era un fenomeno occidentale che ha trovato l'Italia pronta perché ricostruita dalla generazione che fece la guerra.

Nella loro enorme presunzione hanno bloccato i migliori, scegliendo dei servi, per paura di essere surclassati.

Ma essere superati dai propri studenti dovrebbe essere la massima aspirazione di qualsiasi insegnante o genitore e più in generale della generazione precedente.

Sarebbe una tragedia se il futuro non avesse le capacità di essere migliore del passato.

Quando il CNR afferma che in Italia ci sono 10.000 ponti a rischio, fra cui tutti quelli in calcestruzzo più vecchi di 50 anni, afferma che la generazione precedente è riuscita a bloccare questo paese fino a fare danni pari a una guerra perché solo dopo una guerra, un paese si trova con 10.000 ponti da ricostruire.

Sono andato un po' fuori traccia, per dire che in questo panorama di distruzione nazionale, se i talenti innati non esistessero, ci sarebbe il deserto delle abilità al pari dei ponti.

Infatti, un'altra caratteristica dei talenti innati è che non possono essere soppressi se non sopprimendo la persona stessa.

Questo è il motivo per il quale cinque secoli di buio nel medioevo non sono riusciti ad estirpare il talento e la capacità di ricostruire una civiltà brillante e vivace.

Espresso o inespresso, il talento si trasmette. A volte salta una generazione, poi riaffiora. Travalica il tempo, i secoli.

Einstein lo descrisse in questi termini: "cercate di insegnare a un pesce a scalare un albero e passerà tutta la vita a pensare di essere una nullità". Predisposizione.

Francamente non penso che esista altro talento che quello innato. Pochi hanno talento, molti hanno una predisposizione, pochi non hanno nulla di ciò.

Predisposizione è il termine più adeguato nell'ambito di un'educazione di massa. Il talento esula dalla massa, dagli standard, dall'educazione e spesso si manifesta in tenerissima età anche prescolare.

Avere un talento è come avere una condanna a vita.

Diceva Fabrizio De Andrè:

Il figlio Cristiano è uno dei migliori polistrumentisti d'Europa ma se si ascoltano le registrazioni dal vivo di Fabrizio, anche quelle fatte di straforo nelle osterie, sono speciali. Eppure il figlio nelle esecuzioni è perfetto. Ma niente, anche nelle imperfezioni di esecuzione, il padre, sia per timbro vocale sia per come suona la chitarra, non c'è storia.

La predisposizione si è trasferita, è stata meravigliosamente educata ma il talento, quello apparteneva al padre.

Per questo il talento ci affascina, ci rapisce e spesso ci muove ad incontenibile invidia perché il talento non è una scelta, non è un percorso, è prima di essere.

In questa sua caratteristica assomiglia all'eternità: esisteva prima di essere scoperto, esiste durante la sua manifestazione, esiste nella nostra memoria dopo che ci ha abbandonato.

Non si può copiare perché unico, non si può cancellare perché rimane nella memoria, non si può rapire ne costringere perché travalica ogni imposizione e ogni standard.

Ciò che cambia è la persona. Picasso come artista è migliorato con il tempo.

I primi dipinti erano fotografie poi invecchiando e maturando come persona ha smesso di ritrarre quello che gli occhi vedevano e ritraeva il carattere interiore delle persone e delle cose che osservava.

Osservando "Guernica", un notabile dell'epoca si rivolse a Picasso e gli chiese ironico: "questo orrore lo ha fatto lei?" e Picasso rispose: "no, lo avete fatto voi" riferendosi alla guerra. Picasso ritraeva.

Il talento di Picasso non si è mai evoluto, è sempre stato (il talento è). Quello che è cambiato è Picasso, le sue mani, i suoi pennelli, i suoi colori, le sue tele, la sua percezione della realtà.

Per questo la ricerca del talento è infruttuosa. Bisogna orientare le predisposizioni. Il talento è un incidente. È qualcosa che non si sceglie, prescinde dalla volontà, qualcosa che non si possiede, il talento c'è o non c'è, ma soprattutto è qualcosa che non si controlla, l'ispirazione c'è o non c'è.

Una poesia imposta è uno strazio. Una poesia scelta è una delizia. Eppure è la stessa poesia. Per questo il talento è spesso connesso con animi inquieti e personalità complesse, perché la società vorrebbe servirsi del talento ma il talento non esiste per servire ma è fine a se stesso.

Il talento esattamente come una divinità pagana, come una forza della natura, non ammette di essere reso succube e anzi richiede sacrificio.

C'è anche una profonda solitudine nel talento perché è qualcosa che si può mostrare ma non condividere.

Negli ultimi anni della sua vita Fabrizio De Andrè si esibiva con i figli e l'orchestra ma sul palco era solo. Il resto era di contorno, una scenografia e non vi era nulla che potesse fare per dare spazio agli altri se non tacere e non suonare. Anche quelle pause erano un'attesa che riprendesse perciò c'era anche quando non c'era.

Fateci caso guardando o ascoltando "Anime Salve". Anche quando Faber non si esibisce, in quelle pause, ascolterete l'attesa che riprenda. È una presenza ingombrante che si prende tutta la scena e si fa mancare anche quando non è nella scena.

È indipendente dal carattere della persona, è la magia e la iattura del talento. Il segno distintivo. Aveva i migliori attorno e tanto non bastava a rendere meno evidente il suo talento, anzi. Come un diamante che luccica nell'ombra e brilla nella luce.

Questo è il talento, il resto è noia.

Per concludere un paio di aneddoti gustosi.

Questa è l'importanza dell'orientamento.

Avremmo potuto avere un mediocre avvocato invece di un autore che ci ha donato canzoni fatte della stessa materia di cui sono fatti i sogni.

Ne aggiungo un terzo.

Pablo Picasso rimase per tutta la vita un bambino che ritraeva ciò che osserva.

Indice di tutti gli articoli pubblicati

Condividi

(C) 2018, Roberto A. Foglietta, testo licenziato con Creative Common Attribuzione - Non commerciale - Condividi allo stesso modo 3.0 Italia (CC BY-NC-SA 3.0 IT).