Created on 2017-04-07 10:22
Published on 2017-04-07 11:14
Published on April 7, 2017
Leggo il Secolo XIX di oggi, 7 aprile 2017, in fondo alla prima pagina, l'articolo "Il paese più ricco del mondo" di Mattia Feltri che indica in 817 miliardi di euro le perdite dovute dal mancato incasso di evasioni di varia natura. Un numero che paragona a 25 anni di manovre finanziarie e che corrisponde al 40% del debito pubblico. Concludendo l'articolo sostenendo che il futuro, gli italiani, se lo sono sgraffignati, l'un l'altro.
Questi sono gli effetti diretti ma non sono gli unici.
Sgraffignare significa spostare del denaro da una cassa a un'altra. Questo richiede tempo e impegno che potrebbero essere profusi in attività produttive.
Ipotizziamo che la furbizia generi comunque lo stesso PIL per transazioni contabilizzate ma imposte non pagate. Se invece di dedicarsi ad evadere ci si impegnasse a produrre avremmo tasse più basse, un cuneo fiscale minore, quindi più ricchezza privata.
Oppure, a parità di rapporto debito pubblico e PIL avremmo una spesa pubblica maggiore del 40%. Perciò abbiamo un'equazione con una funzione in tre variabili che in prima approssimazione possiamo ipotizzare che sia una funzione lineare.
funzione ( furbizia, PIL, debito ) = ricchezza
A furbizia zero il debito sarebbe il 40% in meno. Se l'impegno in furbizia fosse diretto verso la produzione avremmo un +40% di PIL. Perciò da queste premesse si può scrivere che, a parità di sforzo profuso, fra minore debito pubblico e maggiore ricchezza privata si avrebbe la seguente equazione [¹]:
ricchezza − 2 x furbizia = costante
Perciò il costo reale della furbizia risulta essere €817 mld x 2 = €1'634 mld.
La cosa non si ferma qui perché la furbizia non si manifesta solo verso lo Stato nella semplice formula di "cittadini versus governo" altrimenti si chiamerebbe resistenza fiscale. La furbizia si manifesta equamente verso tutti, direttamente e indirettamente.
Questo crea un problema di controllo quindi un deficit sistemico di concentrazione.
Quanti sono i soci che si possono gestire se l'affidabilità del generico socio è mediamente pari al valore di 1 − 40% = 60%?
La risposta dipende dal grado di controllo che si desidera esercitare:
Cosa dicono le statistiche del Registro Imprese [²] riguardo le società di capitali?
Quando le start-up diventano società avviate perdono il 37% della compagine sociale (-1.53 soci in media). Quindi il 40% di furbizia ha come effetto indiretto la distruzione del 40% delle relazioni di fiducia in affari. Affari e fiducia sono in rapporto 1:1.
Possiamo associare alla fiducia un valore utilizzando il principio di Jack-Ma per il quale la ricchezza non è altro che la fiducia che la società ha accordato a un determinato individuo. Questo principio, se è vero per grandi valori di ricchezza su base individuale allora è vero anche su piccoli valori distribuiti un campione statisticamente rilevante.
Perciò le società avviate godono del 40% in meno di capitale sociale e umano quindi soffrono di sotto-capitalizzazione e minore produttività. Sulla produzione ci siamo già espressi quindi è già stata conteggiata.
Se consideriamo il rapporto funzionale fra sotto-capitalizzazione e efficienza aziendale otteniamo che fra il passaggio da start-up a società avviata si perde un 40% di aziende che chiude (imbuto selettivo costante ma minore competitività globale) e per quelle che ce la fanno ad affermarsi sul mercato si ha comunque un'efficienza funzionale ridotta del 40% rispetto allo scenario di furbizia zero (ad es. latenza nei pagamenti, minore rispetto dei contratti, anomala distribuzione del valore rispetto al merito, etc.).
La stima di questo valore perduto porta alla seguente equazione generale [¹]:
ricchezza − 3 x furbizia = costante
Perciò il costo reale della furbizia è €817 mld x 3 = €2'451 mld. Su base pro-capite equivale a un ammanco di ricchezza pari a €2'451'000 ÷ 56 = €43'768 (44mila).
Per fare il paragone, il debito pubblico attuale si aggira su €2'200 mld inclusi gli interessi maturati sullo stesso quindi su base pro-capite equivale a €39'286 (39mila).
Quanto ci costano gli interessi sul debito pubblico?
Stimando la stessa somma per i precedenti anni otteniamo che il 70% del debito pubblico odierno è costituito da interessi sul debito precedente, etc. Questa è una stima basata sull'andamento delle curve di debito che è abbastanza in linea con l'idea iniziale. Infatti se il 70% del debito pubblico si è generato per via dell'accumulo progressivo degli interessi e il 40% per mancata riscossione (furbizia) abbiamo un totale del 110%. Sul 40% siamo abbastanza confidenti 817 ÷ 2200 = 37% ± 3% ≈ 40%. Allora potremmo asserire che il 60% del debito pubblico è causato da interessi e il 40% da furbizia ma senza quella furbizia non si sarebbe mai generato il debito pubblico e anzi le casse dello stato sarebbero in avanzo circa €220 mld di base su cui computare interessi attivi che li avrebbero valorizzati a 366mld oppure una minore imposizione equivalente nel tempo.
Se, negli ultimi 25 anni, avessimo vissuto un paese a furbizia zero avremmo debito pubblico zero e 44mila euro in più in tasca che se investiti in titoli di stato europei avrebbero generato un valore attualizzato stimato odierno in 73mila euro pro-capite.
Se fossimo mediamente intelligenti invece che furbi, saremmo tre volte più ricchi
A spanne, se avessimo vissuto e lavorato a furbizia 20%, cioè la metà furbi di quanto siamo stati, avremmo un debito pubblico del 40% inferiore e avremmo vissuto con un reddito pro-capite del 25% superiore a quello attuale. Anche considerando lo svantaggio che la Germania ha dovuto affrontare al momento della sua riunificazione, saremmo comunque molto più avanti di loro. Questo a parità di stile di vita e abitudini di consumo e investimento perché se invece, quel 25% di surplus relativo, lo avessimo impegnato all'80% (cioè 25% x 80% = 20% godendoci uno stile di consumo frivolo comunque del 5% superiore all'attuale) in educazione (50%) e innovazione (50%), oggi saremmo il paese più ricco del mondo. Avremmo cioè vissuto e lavorato sul massimo di efficienza di Pareto coniugando furbizia e intelligenza, capitale e creatività.
Se andate a verificare l'andamento di un mutuo fondiario stipulato in periodo intorno all'anno 1992 circa e della durata di 25 anni, vi accorgerete che, a seconda delle condizioni applicate, esso avrà un piano dei pagamenti che sommati portano il valore di rimborso da due alle quattro volte il capitale inizialmente richiesto.
Se ciò vi risulta anche a voi allora il ragionamento sopra è basato sugli stessi concetti e l'affermazione qui sotto ne consegue.
Ogni furbizia equivale a contrarre un debito con il futuro: si prende oggi e si pagherà domani.
L'illusione di non pagare il debito futuro, perché qualcun'altro lo pagherà, è analogo al rischio associato alla crisi dei sub-prime loans del 2007. Se la quota di furbizia (prestito) eccede la quota di intelligenza (produzione = capacità di ripianamento), il saldo sarà negativo perché il valore complessivamente prodotto sarà inferiore al debito complessivamente contratto. La forbice fra l'evoluzione dei due valori, produzione rispetto al debito, si aprirà esponenzialmente nel tempo. Questo, salvo manovre correttive ovvero un periodico e tempestivo richiamo del crediti deteriorati oppure una manovra finanziaria annuale per il ripianamento del debito in eccedenza.
(C) 2017, Roberto A. Foglietta, testo licenziato con Creative Common Attribuzione, Non commerciale, Condividi allo stesso modo, versione 3.0, Italia (CC BY-NC-SA 3.0 IT).
[¹] La costante è uguale in tutte le equazioni altrimenti sarebbe una variabile. Perciò nel confrontare i risultati fra due scenari si fa la differenza membro a membro e la parte a destra dell'uguale è sempre nulla. Questo equivale a costante uguale a zero.
[²] Cruscotto di indicatori statistici basati sulle rilevazione dati nazionali, report con dati strutturali delle start-up innovative e società di capitali, numero dei soci alla tavola n°7, elaborazioni del 4 ottobre 2016 − Fonte startup.registroimprese.it
[³] Il debito pubblico mostruoso dell'Italia ci è costato 760 miliardi in 10 anni e il peggio rischia di arrivare nel prossimo decennio. Fonte InvestireOggi.it del 18 gennaio 2017.