Created on 2023-02-12 14:28
Published on 2023-02-12 14:44
Leggo questo articolo divulgativo del 3 marzo 2016 e rifletto
Di cui riporto alcuni stralci che ritengo essere particolarmente interessanti:
Giorno per giorno appare sempre più chiaro che l’interpretazione “casuale” di tali fenomeni, ovvero l’interpretazione di Copenaghen, é superata dai fatti sperimentali.
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In altre parole si riporta in vita una visione deterministica della realtà fisica, seppure parzialmente diversa da quella nota nella fisica classica.
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Non si nega, quindi, l’essenza probabilistica delle funzioni della MQ, ma essa viene connessa unicamente all’impossibilità di conoscere le condizioni iniziali in cui si trova la particella senza violarne lo stato (principio d’indeterminazione di Heisenberg).
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Sbitnevi mostra come il modello “superfluidico” del vuoto, ed in particolare le equazioni di Navier-Stokes, che descrivono la dinamica macroscopica dei vortici e dei moti nel fluidi, siano una diversa forma matematica della interpretazione Bohmiana della MQ e della “onda pilota” .
In altre parole un Etere in forma di vuoto superfluido è, matematicamente, affine all’interpretazione di Bhom della equazione di Schroedinger.
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L'articolo è divulgativo e a tratti usa un linguaggio emotivo (la fisica di dio) oltre ad essere un po' troppo entusiasta per le implicazioni filosofiche che però sono tutt'altro che scontate.
Il "peccato originale" della meccanica quantistica è quello che aveva evidenziato Einstein: "dio non gioca a dadi" una mera supposizione ma che coincide con il sentimento più comunemente diffuso ovvero il profondo fastidio che la realtà in termini oggettivi non esista e che tutto sia casuale.
Ora si scopre che questa apparenza in realtà sarebbe dovuta alla nostra ignoranza più ancora che un fatto fondamentale e che l'architettura universale invece preveda un piano dove invece la realtà oggettiva è nota e definita.
Sfortunatamente anche questa superficiale interpretazione porterebbe alla paradossale conclusione che tutto sia già predeterminato fin da principio e quindi non esista il libero arbitrio ne la responsabilità morale che ne deriva.
Perciò chi gioisce all'idea che la realtà esista su un piano superiore in termini assoluti, in realtà si sta infilando in un paradosso metafisico ancora peggiore di quello che vorrebbe abbandonare.
Quello che si può dire è che un preside italiano, nel suo tempo libero, ha dimostrato come le equazioni fondamentali dell'elettromagnetismo e quindi della teoria della relatività nascano dalla teoria dei fluidi quando si utilizza una viscosità negativa che in termini meccanici è un assurdo ma genera una teoria di campo universale o etere che permette di ottenere la medesima descrizione.
La teoria rimane invariata ma cambiano le ipotesi di base perché con questo nuovo etere può esistere la realtà in termini oggettivi ma non necessariamente in termini assoluti. Probabilmente il dilemma della realtà in termini assoluti sarà risolta inserendo l'interpretazione degli infiniti universi.
L'esistenza di una realtà universale oggettiva e assoluta non implica necessariamente che il libero arbitrio sia messo in discussione e non prova l'esistenza di dio ma solo che esistendo (forse) potrebbe vagamente assomigliare all'entità che ci immaginiamo noi da cavernicoli.
Anche senza dio, la responsabilità morale del libero arbitrio non è evitabile sia nell'interpretazione causale o non causale.
Quelli che preferiscono - da un punto di vista metafisico - un universo assolutamente deterministico dove domina il destino e dove non esiste il libero arbitrio invece di giudicare dovrebbero, per coerenza, chiedere l'abolizione del diritto penale: tanto è tutto deciso a priori.
Paradossalmente è più aberrante mettere in discussione il libero arbitrio che l'esistenza di dio. Infatti le società fortemente teocratiche sono un disastro in termini di cultura, equità, progresso e raziocinio.
Eppoi senza il ragionevole dubbio che dio esista cosa varrebbe la fede?
Niente, infatti dio - se esiste è ateo - non ha bisogno di credere nella sua esistenza perché sa per certo della sua esistenza - anche in questo aspetto il sapere è antitetico alla fede.
La conoscenza a priori esclude l'atto di fede.
Solo il legittimo e ragionevole dubbio può dare all'atto di fede un valore morale che deriva dal rischio che tale atto possa essere, in realtà, errato.
Se si dimentica questo, si perde il valore del merito e anche la responsabilità del male e vincerebbe il male perché è più facile fare male che fare il bene.
Ne consegue che la fede non è materia di scienza perché se anche la scienza arrivasse alla conclusione che l'universo da noi percepito escluda l'esistenza di dio, l'atto di fede ne sarebbe solo rafforzato ma anche moralmente più gravoso, se errato.
Ne consegue anche che l'atto di fede non può prescindere dalla tolleranza perché l'intolleranza è essa stessa negazione dell'atto di fede. Significa imporre dove invece deve essere una scelta di libero arbitrio.
La fede imposta non è fede ma convenzione sociale e questo spiega bene tante incoerenze e le sofferenze del passato e del presente.
Joseph on LinkedIn wrote:
In the end, it is a matter of belief - you believe in electrons and randomness, or you don't.
Nope, it is NOT a matter of belief. Science works in completely another way. We make a hypothesis - we temporarily assume something, like it were a truth - then we work hard to prove that it is false (searching for confutation). Within the experimental errors, we got a confidence level and a certain range in which that model or hypothesis is acceptable.
Even when a theory, a model, or a hypothesis survives decades or centuries against every confutation attempt, we do not consider it an absolute truth. We are just more confident that it will last longer, but we also know that something that lasted for centuries has been replaced quite quickly by something better.
What does "better" mean in this context? Better at explaining the phenomenon and/or explaining it with the same precision as before but in a simpler way than before.
Simplicity is the ultimate sophistication. While belief never finds a place in science. In fact, faith is not a scientific matter. I am used to explaining this in a very straight-forward way: what I believe doesn't matter, but it can just bias my judgement or interpretation of the facts.
Moreover, if something can be proved or disproved by a factual investigation, why should I have to believe in it?
On the other side, if something CANNOT be proved or disproved by any factual investigation, then it is not science (the Karl Popper principle). Therefore, why should I waste my time in conducting some kind of factual investigation? I believe it or not.
I believe it or not. But this is about ME, and it has nothing to do with anyone else, the outside world, the universe, reality, or whatever. It is just about ME.
The day that people will get an insightful clue of this separation (enlightenment), they will stop to argue with and bother others, and they will start to believe for real or not at all or cultivate doubts, but whatever they will choose, it will be about THEMSELVES and nothing or anybody else.
I define this as a peaceful perspective on faith and science. You may call me a dreamer, but I am not the only one, and we are hoping one day everybody else will join us as one whole in peace.
L'importanza del metodo scientifico (24 maggio 2022)
Opinions, data and method (3 settembre 2016, English)
Metodo, scienza e umanesimo (16 dicembre 2016)
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