La realtà e il valore aggiunto

Created on 2016-01-28 19:02

Published on 2016-01-28 19:35

Published on January 28, 2016 − Updated on November 13, 2017

Premessa

Ho scritto due post: uno tecnico e uno generalista, entrambi in lingua inglese.

Le statistiche mi dicono che il 97% dei lettori del post generalista vive in Italia. Questo mi farebbe supporre che in Italia ci sia maggiore sensibilità per i temi astratti mentre gli anglofoni siano più pragmatici. Ovviamente quest'ipotesi andrebbe analizzata in funzione della segmentazione dell'audience.

Il che porterebbe a pensare che addirittura, gli italiani che vivono all'estero hanno interessi diversi da quelli che vivono in Italia. Però, si potrebbe anche sospettare che il 3% all'estero sia un audience rilevante mentre la medesima audience in Italia sia solo un 1% e il resto curiosi di passaggio. Potendo migliorare la segmentazione sociale dei lettori si potrebbe arrivare a misurare il livello di produttività di chi vive in Italia rispetto a coloro che vivono all'estero.

Bene, il 97% è un dato, un fatto, una briciola della realtà mentre il resto è interpretazione.

La realtà e la sua interpretazione

Ora facciamo un passo indietro. Durante un corso di formazione, molto bello, mi è rimasta impressa un'affermazione: “la realtà è una costruzione collettiva”. Uhm?! L'ho accettata con riserva perché non mi ha convinto completamente.

La mia convinzione non è un fatto e non è nemmeno un metro di giudizio ma sono certo che ognuno di noi prende delle decisioni in funzione delle sue convinzioni, a prescindere di come queste si formino ed è proprio questo il punto del discorso.

Il processo collettivo ha come scopo quello di raccogliere il consenso circa una descrizione della realtà. Pardon!? Il metodo scientifico, allora?

Ognuna di queste azioni inserisce delle alterazioni nei fatti allo scopo di portare i fatti a un piano superiore di comprensione. Ma si tratta veramente di comprensione in senso specifico?

L'elaborazione collettiva della realtà

Un'elaborazione collettiva che tenda a determinare una descrizione della realtà e che raccolga il più largo consenso sociale è appunto un processo sociale ed agendo sul piano più astratto è quello che apparentemente risulta meno legato ai fatti sottostanti. Ma ciò che è vero in una direzione non è detto che lo sia nella direzione inversa: i fatti sottostanti potrebbero influenzare poco la costruzione ma la costruzione può essere molto influenzata dal cambiamento dei fatti. Chi ha fatto ingegneria delle costruzioni sa bene di cosa parlo.

Almeno, fintanto che tale moto non abbia impatti pratici sulla navigazione, il che accade in modo rilevante solo su lunghe tratte ovvero relativamente alla tecnologia delle imbarcazioni di grossa stazza, quindi del commercio.

Quasi sempre i cambiamenti della realtà collettiva avvengono a fronte di una potenziale vantaggio pratico quale l'esplorazione dei sette mari e relativi commerci. L'interesse sociale cambia e con esso cambia la descrizione condivisa della realtà. Quindi la costruzione collettiva della realtà è abbastanza effimera in termini di solida reltà.

La descrizione si attua attraverso il linguaggio ma più spesso per esempi, figure retoriche e in generale cliché culturali, ultimamente definiti memi cioè delle unità concettuali di base.

La difficoltà di comunicare una novità

Questa è una delle ragioni per la quale sia così difficile fare innovazione, cioè passare da un'invenzione o una scoperta alla sua adozione ovvero alla sua condivisione e alla generale accettazione.

Galileo Galilei non era l'unico all'epoca ad avere il telescopio, ma lo puntò al cielo ed esso influenzò la sua percezione degli astri così che sviluppò una descrizione, quella eliocentrica, difforme da quella condivisa. Come avrebbe potuto convincere persone che si rifiutavano di guardare nel telescopio perché strumento del demonio? Il meme “demonio” era d'immediata comprensione, il meme “telescopio” non lo era affatto. Poi le cose cambiarono.

Le cose cambiano ma non l'essere umano

Ma qualcosa rimase immutato, l'essere umano e con esso la sua primaria necessità di sentire a proprio agio piuttosto che comprendere.

Per non perdere il nostro legame con la realtà-realtà, un approccio potrebbe essere quello di comunicare i fatti ma nella pratica comunichiamo la nostra percezione dei fatti. Per due ragioni;

C'è una mela, tocchi una mela, mangi una mela. Le cose diventano un po' più complicate quando si tratta del gusto della mela: gusto mela ovvio! Sappiamo tutti cos'è il gusto mela! Mela verde, verde daltonica?!

Quest'ultimo è un fattore determinate perché nella fase successiva, quella dell'elaborazione sociale, sono le persone ad avere rilevanza nel processo di costruzione della realtà-narrata. Perciò se comunichiamo solo i fatti senza corroborarli con opinioni personali, siamo davvero poco convincenti, anche se dovrebbe essere il contrario. Ma perché dovrebbe interessarci il fattore comune?

La realtà e il fattore comune

Anche se il fattore comune fosse ovvio, e in generale non è ovvio proprio per le peculiarità intrinseche alla percezione, risulterebbe poco interessante perché l'ovvio sembra banale mentre l'indagine è faticosa. È più facile ed interessante raccontarsi di emozioni.

Gli ingegneri si convincono con i fatti mentre le persone si convincono con narrazione suggestiva.

In buona sostanza quella che chiamiamo realtà non è altro che un'idea talvolta anche del tutto astratta che convenzionalmente abbiamo accettato per essere vera. Perciò generalmente diciamo che la realtà non esiste se non come costruzione collettiva e viviamo immersi in questa costruzione fintanto che un accidente ci riporta alla realtà: il re è nudo. Commodity vs Added Value.

Per condividere bisogna distribuire

Distribuire realtà è sempre stato un'attività a rischio per due ragioni:

Le persone si sentono importanti se fanno parte di una bella storia ma le storie di successo si fondano anche su idee semplici ma le idee semplici non ci fanno apparire intelligenti.

La realtà è dura, meglio sognare perché cosa meglio dei nostri sogni ci definisce come esseri umani? Meglio lasciare ad altri ingegneri, fisici, scienziati, insomma gente strana senza la quale non avremmo la ruota, il fuoco, la leva, etc., l'onere di descrivere la realtà senza emozioni.

Vero, abbiamo un'abbuffata di tecnologia ma abbiamo anche una lunga lista di problemi del tutto nuovi perché il valore aggiunto non cresce solo in verticale ma anche in orizzontale (sinergie, complementarietà, esternalità di rete, etc.) quindi la base di commodity si deve allargare per mantenere l'equilibrio e la stabilità.

La ricerca dell'equilibrio in un sistema squilibrato

Ok... ma... parliamo di equilibrio e stabilità in un epoca in cui la misura universale del valore è concettualmente costituita da titoli al portatore, derivati del debito pubblico venduto allo scoperto ovvero con l'implicita scommessa che la crescita sarà maggiore del tasso d'interesse applicato dall'emittente. Fantascienza? No, guardiamo alla realtà-spicciola, quella di tutti i giorni.

Questa è la trappola. Significa che il 99% del nostro tempo sarà convincere tutti gli altri del nostro valore cioè raccontare belle storie invece di produrre soluzioni. Non è che tutti possano essere specialisti di marketing, ognuno ha i suoi punti di forza e di conseguenza le sue aree di intervento. Inoltre, se con il 5% del nostro tempo abbiamo già convinto i nostri principali portatori di interessi (stackholders) perché dovremmo preoccuparci di convincere anche tutti gli altri? Real economy.

Allarghiamo la nostra visione

Guardiamo la cosa da un punto di vista più ampio:

Per estrarre l'intero valore di una soluzione dovremmo avere un capitale e per avere un capitale dovremmo comprare del debito questo significa che dovremmo allargare la nostra base di stackholders. Per sostenere l'allargamento della nostra base di stackholders dovremmo comprare altro debito. In pratica, descritto in questi termini è Achille che insegue la tartaruga.

Una splendida ammucchiata

Oppure una partita giocata da molti giocatori:

Ci sarà sempre qualcuno che, se non altro per curiosità, giocherà la partita quindi la partita si gioca. Questo però non significa che tutti i partecipanti vorranno comprare l'altra metà della storia. Vero, perciò esiste la realtà-narrata e la realtà-realtà.

Perciò se esiste una metà della storia che cambia tutta la storia e nessuno dei concorrenti vuole comprarsela, la si vende a chi gestisce i derivati. A quel punto, chi gestisce i derivati conosce in anticipo un elemento determinante sull'andamento delle capitalizzazioni e può fare un numero sufficientemente alto di scommesse tali da vincere sia su chi vince, sia su chi perde.

Perciò se un grammo di realtà-realtà è in grado di modificare una tonnellata della realtà-narrata, ovvero si comporta come un sasso su cui fare il fulcro di una leva finanziaria, chi fa scommesse sulla realtà-narrata ha potenzialmente tanto interesse a comprare quella realtà-realtà quanto ogni altro concorrente.

Comincia ad essere tanta gente

In buona sostanza, la realtà non è una costruzione collettiva.

Invece, il fatto che qualcuno sfrutti la rotondità della terra per una nuova rotta può sensibilmente cambiare la realtà di molti anzi moltissimi specialmente se quella che abitualmente identifichiamo come realtà è, in realtà, costituita prevalentemente da una diversa e più limitata narrazione, avrà limitato molti anzi moltissimi.

Conclusione

In definitiva, il valore aggiunto è una costruzione collettiva che necessita e si appoggia su una o più commodity e tutto il resto ne consegue.

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(C) 2016, Roberto A. Foglietta, testo licenziato con Creative Common Attribuzione - Non commerciale - Condividi allo stesso modo 3.0 Italia (CC BY-NC-SA 3.0 IT).