Created on 2017-04-19 05:03
Published on 2017-04-19 05:56
Published on April 19, 2017
I social network sono pieni di pillole di saggezza e citazioni. Molte di queste sono come le mentine mentre andiamo a spalare il letame nel porcile, ci rinfrescano l'alito in un ambiente dall'aria molto viziata. Alcune però si distinguono perché contengono vitamine per il cervello e non dico stimolanti perché sarei frainteso!
Due di queste vitamine le ho trovate nel profilo di Daniele Ciuto e ne ho tratto spunto.
Il problema principale non è rappresentato dai limiti dell'individuo ma dall'insana pretesa che mentre una persona cerca di realizzare se stessa debba anche uniformarsi alle volontà più o meno vincolanti di coloro che non hanno un titolo legittimo di pretendere alcunché ma anche se lo avessero poco cambierebbe nell'ambito dell'utilità delle loro pretese.
Specialmente in Italia, un paese di eterni bambini in cui tutti siamo un passo avanti al mister dalla nazionale, si confonde la solidarietà con il farsi i cavoli degli altri. Si confonde l'amore con il possesso e il controllo: mia moglie, mio marito, i miei figli, la mia azienda, il mio lavoro, la mia casa.
mio = io
Questo è un problema di egocentrismo ipocritamente traslato su altri perché represso nel sé dall'apologia dell'essere umile.
me = mio sé
Me = mio sé: {non sono al centro del mondo} AND {sono primo verso me stesso}
Siamo primi verso noi stessi perché siamo la persona più titolata a decidere per noi stessi. L'umiltà sta nell'affermazione della prima parte e non nella negazione della seconda. Chi la pensa diversamente, in realtà, ci sta chiedendo sottomissione oppure omologazione e in entrambi i casi ci sta giudicando ancora prima di averci conosciuto.
La diversità, come l'originalità, come l'unicità, come il successo urtano coloro che non li hanno saputi cercare per se stessi perciò non li sopportano negli altri.
Ho assistito a una scena che mi piace raccontarvela con un aneddoto.
Un tizio stava mangiando un gelato in mezzo a una piazza affollata quando a un tratto un giovanotto impulsivo gli passa davanti per andare a salutare una ragazza, lo urta e gli fa cadere il gelato. Il giovanotto si scusa in modo un po' beffardo, tipico dei giovani, come se a essere sbadato fosse l'altro. Al che il tizio, gli risponde: "pazienza, sei nato così".
Il giovanotto non ci sta e lo affronta: "mi stai dando del mongoloide?", l'altro impassibile gli risponde: "non ho detto questo" e attende. Il giovanotto ci pensa un attimo, allontana l'amico che si è avvicinato per difenderlo e ribatte "anche tu sei nato così" e il tizio sempre impassibile "esatto!". Il giovanotto stupito, si rilassa e risponde "allora abbracciamoci", i due sconosciuti si abbracciano un po' imbarazzati e se ne vanno per la loro strada.
Non so quale sia la morale ma penso che l'accettazione dell'altro per ciò che è, anche al costo di un piccolo affronto o una piccola perdita, renda il mondo un posto migliore piuttosto che una rissa fra due individui che pensano di avere ragione entrambi.
È l'accettazione dell'altra persona a fare la differenza fra l'ottusità e l'assertività.
C'è anche un'utilità estrinseca in questo aneddoto: è piuttosto improbabile che una persona umiliata moralmente o offesa fisicamente senta lo stimolo a migliorarsi di per sé stessa, se non per senso di rivendicazione personale ma la rivendicazione è cugina della vendetta. È anche su queste reazioni emotive che fanno leva coloro che impongono su di noi le loro aspettative, sordi alle nostre, per condurci dove noi non vogliamo andare ma dove loro vogliono portarci.
(C) 2017, Roberto A. Foglietta, testo licenziato con Creative Common Attribuzione, Non commerciale, Condividi allo stesso modo, versione 3.0, Italia (CC BY-NC-SA 3.0 IT).