Created on 2019-06-18 13:23
Published on 2019-06-18 14:02
Published in Linkedin on May 17th, 2019 [6th draft]
Nell'immagine la copertina dell'ultima uscita di Woche, la 2a rivista più letta in Germania di area centro-destra di cui il relativo post QUI.
L'Italia é fra i paesi europei più grandi che ha un avanzo primario fra i più alti e costanti: in 20 anni, l'avanzo primario é stato positivo per 19 anni e appena un po' negativo in uno di questi.
La differenza fra la spesa pubblica e gli introiti prima della gestione finanziaria. A fregare l'Italia é la finanza? Sì e no.
L'Euro ci ha protetto dal mercato globale in cui prima l'India e poi la Cina nel 2002 sono entrate spostando gli equilibri ma l'errore principale fu di puntare sulla svalutazione per favorire l'export industriale che non avrebbe retto comunque la concorrenza globale e l'inflazione che ne è derivata che è andata a pesare anche sulle importazioni.
Per confronto, la Germania ha adottato in quel periodo una politica monetaria di rafforzamento del marco è ha investito in innovazione tecnologica permettendo alla sua industria di competere sull'eccellenza.
Sia chiaro, una politica di rafforzamento del marco ha pesato parecchio sulle tasche dei tedeschi di allora ma sul lungo periodo li ha premiati. Così mentre le retribuzioni in Italia sono andate calando in Germania sono andate crescendo nonostante anche da loro la demografia, al netto dell'immigrazione, abbia rallentato e la popolazione sia mediamente invecchiata.
La Germania ha visto i debiti di guerra cancellati nel 1953 ma noi abbiamo avuto il piano Marshall. Noi avevamo la questione del Meridione che come Repubblica ci trasciniamo dal dopoguerra in poi ma la Germania ha dovuto affrontare la riunificazione nel 1989 e la Germania dell'Est era allo sfascio tanto quanto il nostro Meridione.
Non si può nemmeno dire che il welfare tedesco sia meno generoso di quello italiano. Insomma, non abbiamo scuse.
Anzi, piuttosto, avremmo dovuto essere davanti alla Germania avendo avuto almeno 30 anni di vantaggio su di loro per sistemare le nostre questioni interne prima del 1989.
L'avanzo primario positivo non ci salverà e per capirlo meglio vale la pena di disegnare l'immagine della realtà in modo allegorico ma efficace.
L'avanzo primario è frutto del cuneo fiscale. Gli interessi sul debito, quindi la gestione finanziaria, è una palla al piede. L'inflazione del debito pubblico accumulato negli anni della svalutazione monetaria è l'altra palla al piede.
Bene, l'italia è un'aziana signora seduta su un grosso cuneo con due palle ai piedi. Ho reso l'idea? 😏
Poi ci sono le questioni, politicamente piuttosto spinose, che si ha per le mani:
Sono così spinose che è dagli anni '80 che la politica fa con queste questioni i giochi di prestigio pur di non affrontarle direttamente.
Se si riduce il cuneo fiscale si rendono più pesanti le palle ai piedi e se si allegeriscono le palle ai piedi si rende più grosso il cuneo fiscale. Nel tentativo di bilanciare questa contraddizione si sono adottate le scorciatoie di cui sopra si diceva tipo la svalutazione della Lira per il traino dell'export che ovviamente ha comportato l'inflazione quindi alti tassi d'interessi e maggiori costi di import.
L'approccio dell'austerity impostato dai governi tecnici non è piaciuto ma l'andamento del rapporto Debito/PIL dal 2015 ad oggi purtroppo non si presenta roseo per una ripresa. Si noti l'impennata dal 2018 che è il motivo di preoccupazione nella UE e per il quale verso l'Italia è stata aperta una procedura di infrazione a novembre del 2018.
La ragione per la quale questa formula non risulta credibile agli investitori internazionali è abbastanza semplice: se in un motore con l'impianto di distribuzione non calibrato (sub-ottimale) si ignetta un flusso maggiore di combustibile si otterrà un rapporto produzione/consumi nettamente inferiore. Detto in altri termini: in un sistema economico disfunzionale, aumentare la liquidità non migliora l'efficienza del sistema ma anzi lo spreco. Questa è la ragione per la quale anche lo spread si è impennato.
La questione dell'analfabetismo funzionale diffuso ha come controaltare il generale disconoscimento della compentenza quindi della cultura. Perchè l'analfabeta che non sa leggere e scrivere percepisce chiaramente la natura del suo handicap mentre coloro che leggono e non capiscono, scrivono ma non ragionano, non sono nemmeno in grado di comprendere la natura del loro handicap. Questo fenomeno prende il nome di effetto Dunnig-Kruger a cui fa da contr'altare quello complementare detto della sindrome dell'impostore. Il risultato è che l'Italia è fanalino di coda riguardo al riconoscimento degli studi universitari in ambito lavorativo.
Sei laureato, quindi pensi con la tua testa? Sei più difficile da gestire, quindi ti pago di meno. Grosso modo questo è il concetto generale.
Gli studi universitari hanno in Italia uno dei più bassi ritorni economici, significa che la professionalità e la competenza in Italia non vengono riconosciute quindi non vengono retribuite adeguatamente perciò il paese è condannato a rimanere non-competititivo con le altre nazioni europee in cui invece le competenze vengono valorizzate.
Le statistiche sulla percentuale di laureati e di diplomati in Parlamento dal '48 a oggi dimostrano che questo fenomeno incide pesantemente anche nella politica. Insomma, agli italiani piace essere rozzi e approssimativi.
C'è un culto dell'ignoranza negli Stati Uniti, e c'è sempre stato. Una vena di anti-intellettualismo si è insinuata nei gangli vitali della nostra politica e cultura, alimentata dalla falsa nozione che democrazia significhi "la mia ignoranza vale quanto la tua conoscenza". -- Isac Asimov, 1980
Esiste quindi alla base di questi problemi un fenomeno culturale di massa per il quale si predilige sempre la via più facile a prescindere dalle controindicazioni sul lungo periodo. Un'insostenibile leggerezza che si sta manifestando in tutti i settori.
Poi ci sono le questioni spinose che però non ammettono una soluzione perchè la soluzione avrebbe dovuta essere preparata 30 anni fa ma non è stato fatto perciò oggi non esiste una soluzione all'invecchiamento della popolazione e all'insostenibilità del sistema pensionistico. Non esistono soluzioni nel senso che qualsiasi approccio "a posteriori" implica degli effetti collaterali che la maggior parte delle persone non sarebbe disposta ad accettare quindi politicamente inaccettabili quali accettazione dell'immigrazione e/o radicale ripensamento del patto generazionale quindi del sistema di welfare in generale.
Ovviamente la descrizione dell'Italia come un paese che sta soffocando a causa dell'avidità e dell'egoismo degli anziani è assai impopolare perciò la retorica che la controbilancia è quella che siano le nuove generazioni ad essere dei "choosy", dei "bamboccioni", dei buoni a nulla, etc. Quando, in realtà, anche se fosse sarebbe anche quello il risultato della generazione precendete. Non sto affermando che le giovani generazioni siano meglio di quella dei baby boomers, sto affermando che se non lo sono è comunque dovuto a chi li ha allevati. Con i dovuti distinguo l'analogia con la Grecia coincide se non in tutto almeno in alcuni tratti essenziali.
Insomma, i baby boomers non hanno fatto l'Italia ma in compenso si sono mangiati l'Italia dei loro padri, la loro e quella dei loro figli però questo non si può dire e quindi è meglio soffocare questa verità in un bel default di Stato. Purtroppo anche sul default ci sono diamentrali e opposte visioni: c'è chi lo vorrebbe subito così ci leviamo il pensiero una volta per tutte e invece chi lo vorrebba ma al 200% del rapporto Debito/PIL ovvero distruzione totale finale ma a baby boomers estinti.
L'idea del rapporto Debito/PIL al 200% nasce da un'errata comparazione con il modello giapponese che come l'Italia dispone di una grande ricchezza privata MA ha anche una partecipazione al mondo del lavoro degli ultrasessantenni elevatissima (c.a. 24%) mentre in Italia è bassissima (c.a. 3%). Un accostamento quello al Giappone che Business Insider considera una favola, appunto.
Anche in questa figura c'è una contraddizione di fondo perché le baby pensioni sarebbero state erogate per dare spazio ai giovani nel mondo del lavoro. Invece la disoccupazione giovanile (15-24 anni) in Italia è altissima (c.a. 33%) secondo i dati ISTAT del Q1, 2019. Anche su questa contraddizione la politica vivacchia senza presentare realistiche soluzioni da decenni.
Nel frattempo, si pospone e si tira a campare. Italianissimo!
L'avanzo primario positivo non è di per se un parametro che rende il nostro paese competitivo e/o credibile di per se stesso.
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(C) 2019, Roberto A. Foglietta, testo licenziato sotto licenza Creative Common Attribution-NoDerivatives 4.0 International (CC BY-ND 4.0).