Created on 2016-09-06 09:39
Published on 2016-09-06 10:28
Published on September 6, 2016
Quando parliamo della differenza fra il prezzo di vendita e il costo di acquisto parliamo di valore aggiunto e il valore aggiunto appartiene al commercio.
Invece, quello che fa l'imprenditore è creare il prodotto o il servizio, crea la risposta a un bisogno oppure la soluzione a un problema, comunque qualcosa che prima non c'era.
Ovviamente l'imprenditore non crea dal nulla la sua proposta di valore, questo è ovvio, ma la distinzione fra commercio e impresa è proprio nella creazione di un qualcosa.
Un commerciante compra le fragole all'ingrosso, le divide e le rivende al minuto a valore aggiunto. Un imprenditore compra le fragole, fa dei cocktail e con essi avvia la gestione di un bar.
La differenza è abbastanza evidente. Il commerciante cerca il profitto, l'imprenditore usa il profitto per sviluppare la sua impresa. Mentre per il commerciante il profitto è il fine, per l'imprenditore è il mezzo.
Il fine dell'imprenditore è l'impresa stessa, imprende per la stessa ragione per la quale il pittore dipinge e l'inventore inventa.
Perciò per giudicare un buon commerciante dobbiamo guardare al profitto mentre per apprezzare un imprenditore dobbiamo guardare a quello che è la sua impresa con gli stessi occhi con i quali si guarderebbe un'opera d'arte, alcune hanno un prezzo elevato, altre meno. Ma il prezzo lo fa il commerciante, l'imprenditore crea il valore.
Anche la dimensione dell'impresa non è significativa, come non lo sono le dimensioni di un quadro. Essa dipende dalle competenze manageriali ma anche da molti fattori esterni. Un buon manager è un buon amministratore, un top manager è colui che ha anche una visione ma un imprenditore è colui che ha l'istinto per l'impresa.
Imprenditori sono tutti coloro che mettono insieme i fattori sociali, economici e organizzativi per creare una nuova entità sociale e materiale che dà lavoro, benessere e servizi − Francesco Alberoni [°][¹].
Artisti, inventori e imprenditori condividono la medesima tensione interiore fra ciò che osservano e quello che essi percepiscono. Questo è il motivo per il quale amiamo i quadri di Gauguin e poco ci importa di un foto di un campo di girasoli.
(C) 2016, Roberto A. Foglietta, testo licenziato con Creative Common Attribuzione - Non commerciale - Condividi allo stesso modo 3.0 Italia (CC BY-NC-SA 3.0 IT).
[°] Ringrazio Massimo Tacchini per il suo commento in cui mi ha segnalato l'articolo del Corriere della Sera a firma di Francesco Alberoni pubblicato il 2 ottobre 2000.
[¹] Del bellissimo articolo di Francesco Alberoni, non condivido il nesso causale così deterministico fra esteriorità e interiorità. Ad esempio, la percezione dell'ordine e del disordine è molto soggettiva, la linea di demarcazione fra i due dipende dalla capacità soggettiva della memoria spaziale. Inoltre anche per i colori la percezione è soggettiva. Infatti, oltre alle differenze biologiche fra gli individui tipo il daltonismo, pare ragionevole sostenere che persino l'apprendimento delle lingue ne modifichi la percezione [²]. Appare un po' azzardato sostenere quindi che alcune determinanti esteriori, che possono essere influenzate da una varietà di cause, sia indici deterministici delle caratteristiche caratteriali e interiori di un individuo. Invece, in termini statistici, potrebbe esserci una correlazione di gruppo più o meno come l'altezza e la nazionalità.
[²] La percezione dei colori è un modo ideale per verificare le caratteristiche di chi è bilingue perché c’è una grande variazione sui punti dello spettro dei colori in cui si stabiliscono le diverse lingue −Fonte: I bilingue vedono il mondo diversamente [³].
[³] Nell'articolo in inglese Bilinguals see the world in a different way, study suggests ci sono i riferimenti agli articoli scientifici relativi.