Created on 2017-04-13 12:49
Published on 2017-04-13 14:33
Published on April 13, 2017
Ho letto con piacere due articoli di Krishna Del Toso incentrati sul magico mondo delle start-up italiane con un taglio ironico molto piacevole di chi si mette nei panni dell'avvocato del diavolo. Un punto di vista che molti giovani entusiasti al primo avvio d'impresa trascurano. I due articoli fanno leva su due dei sette vizi capitali, nell'attesa che arrivino i prossimi cinque.
La lussuria e la gola, 2 peccati, 2 articoli. Preso il primo come la prosecuzione del secondo appaiono un'analisi corretta. Infatti il problema maggiore del business emergente è quello di non avere cognizione di causa della catena del valore di cui il cliente è l'ultimo anello ma non certo il meno importante. L'idea che entusiasma l'Italia dal 2012 nel settore delle start-up è quella che lo storytelling muova il mercato. È vero che lo muova ma se poi i fatti deludono segue un rapido declino. In pratica si fa una parabola all'ingiù invece di un decollo. La ragione? Viviamo e lavoriamo in un paese di furbi perciò anche se i giovani hanno delle buone idee, vengono instradati verso delle cattive direzioni invece di essere condotti verso il successo.
L'apologia del fallimento si basa sul presupposto che il fallimento "insegni" ma è un'emerita cavolata! Gli errori insegnano quando diventano esperienza cioè quando si riescono a superare come fa l'ostacolista verso il traguardo. Diversamente diventano una batosta più o meno pesante e in alcune culture anche un pregiudizio importante. Allora bisognerebbe distinguere il concetto di "lezione" dalla mazzata ma purtroppo viviamo in una cultura in cui si ritiene che la memoria sia meglio impressa dalle vergate che dalle pacche sulle spalle. La cosa buffa è che, in entrambi i casi, non è detto che ciò che rimane impresso sia la lezione che si voleva apprendere piuttosto che un'altra morale.
L'apologia del fallimento è l'aborto del business coaching che invece si focalizza sulla corretta gestione dell'errore come esperienza educativa.
Il secondo articolo basato sul peccato di gola verte sull'inversione di valore e dell'investimento. Più in generale s'interroga in quale ordine essi debbano presentarsi per creare il magico unicorno di cui tutti sperano di essere parte. Senza investimento non c'è avvio, l'avvio giustifica un ulteriore investimento, i risultati giustificano una seconda fase round d'investimento. L'avvio può essere costituito anche da una proposta d'investimento ben formulata oppure da un prodotto/servizio con potenzialità di espandersi oltre il mercato per il quale era stato inizialmente ideato. Sono due fasi d'investimento diverse perché nel fare l'empowering di un attività già avviata esiste già una garanzia che la nuova attività può presentare per farsi finanziare l'innovazione mentre nell'avvio "puro" no.
La formula ottimale sarebbe quella di avviare un impresa che abbia già a statuto la possibilità di un finanziamento e usare quella come garanzia per fare leva finanziaria e portare la società al punto di decollo quando l'investimento sarà utile e non servirà sprecare nemmeno tempo per cercarlo. Ma anche le formule ottimali non necessariamente conducono al successo perché disgraziatamente il successo è un obbiettivo a lungo termine e sul breve si rischia di essere tentati dalla fame o dalla gola.
Perciò se i giovani imprenditori rischiano di peccare di lussuria, coloro che li affiancano rischiano di peccare di gola: essi vogliono raccogliere prima di aver seminato e anche dove non hanno seminato, come suggerisce il vangelo di Matteo 25,14-30, senza tenere conto che tale prerogativa dovrebbe essere esclusiva della divinità. Ne consegue che il capitale, quando induce l'essere umano a comportarsi come una divinità, lo corrompe attraverso la fallacia del peccato di vanità. Citando il film "L'Avvocato del Diavolo", il suo peccato preferito.
La mia prima esperienza di start-up è stata positiva e più fortunata di quanto qua si è raccontato. Non era la prima volta che mi affacciavo sul mercato perciò mi buttai con il capellino da polo ma le protezioni da hockey. Perché è vero che ci vuole coraggio per fare impresa ma anche una conchiglia parapalle non guasta!
(C) 2017, Roberto A. Foglietta, testo licenziato con Creative Common Attribuzione, Non commerciale, Condividi allo stesso modo, versione 3.0, Italia (CC BY-NC-SA 3.0 IT).