Created on 2016-12-11 20:00
Published on 2016-12-11 21:41
Published on December 11, 2016
In questo articolo di Alberto Forchielli con un'estensione di Claudio Lippi intitolato #Messicanizzazione dell'Italia del 10 dicembre 2016 profila uno scenario inquietante come conseguenza di un'inadeguata gestione dell'alta finanzia e dall'incapacità dell'Europa di rispondere agli interessi di tutti invece che di pochi.
A parte il passaggio sulla UE e sulle banche, che sicuramente pagano il prezzo di immagine dovuto alla crisi legata al crollo dei sub-primes nel 2007, un passaggio abbastanza generico, il resto appare un'opinione da prendere in considerazione.
A prescindere che sia corretta, e non è questione da poco determinarlo, in quale misura e con quale tendenza? Vale la pena di tenerla in considerazione perché non farlo sarebbe un modo per aumentarne la probabilità che si verifichi. Non è uno scenario positivo, meglio tenerlo presente. Meglio sarebbe anche misurarlo perché i numeri servono.
Ci possiamo sforzare di vedere qualcosa di positivo in questo eventuale fenomeno?
L'idea si sviluppa dall'ipotesi che lo stato centrale perda progressivamente il consenso popolare e il controllo del territorio, in questo vuoto di potere si inseriscano gruppi locali non formali, non necessariamente criminali, ma presentati come fuorilegge in un contesto in cui, come quello descritto, vi sia una generale assenza del senso della legalità. In tempi di vacche magre, il rischio di una deriva "fai da te" può essere un'ipotesi consistente ma non l'unica possibile.
Ad esempio, se la burocrazia fosse sostituita dal pragmatismo allora non sarebbe una grave perdita. Se la legalità (formale) fosse sostituita da un'equità (sostanziale) dove al di là delle formalità, il senso comune del giusto, fosse appagato allora il rischio di deriva criminale sarebbe minore o nulla. Ma cos'è il senso comune del giusto? Esso corrisponde veramente al "Giusto" oppure è UNA possibile costruzione collettiva?
Perché su una cosa in particolare, un famoso comico, ha ragione: ci siamo fottuti quando abbiamo cominciato a confondere il significato delle parole. Perciò è anche intorno al senso delle parole che dobbiamo ritornare a ritrovarci per comprenderci.
In questo senso allora − anche il passaggio sulla UE e sulle banche − potrebbe trovare la sua collocazione. Una più equa distribuzione della ricchezza che può significare anche una PERCEZIONE più accettabile della ricchezza. Infatti, se oltre certi limiti, la concentrazione di ricchezza rappresenta un problema sistemico, in generale, è la sua percezione a generare il senso di ingiustizia e frustrazione nelle persone.
Non sarà un processo semplice ma se si riuscisse a transire da un concetto di ricchezza come proprietà ad uno di gestione/utilità allora coloro che facessero un uso migliore della ricchezza ne avrebbero a disposizione una quantità maggiore. Perciò una migliore allocazione/gestione della ricchezza (risorse) potrebbe generare più valore per tutti e quindi, non solo appagare gli animi, ma anche concretamente rassicurare sulla possibilità di mantenere uno stile di vita almeno decoroso.
Almeno decoroso? Oppure tutti vogliamo viaggiare in prima classe!?
Mi piace citare Jack Ma fondatore miliardario di Alibaba una piattaforma di commercio elettronico circa il significato del denaro, fonte investopedia.com:
Io credo che quando si abbia un milione di dollari, allora sono soldi nostri. Quando se ne hanno venti milioni, si cominciano a porsi delle questioni. Quando si ha un miliardo di dollari, questi non sono più soldi nostri, questa è la fiducia che la società ci ha dato, che gestiremo questo denaro meglio di chiunque altro.
Tenendo presente che "decoroso" in senso occidentale è di gran lungo molto meglio che "benestante" in altre parti del mondo. Il benessere disponibile oggi − anche considerata la sua diffusione − è uno dei migliori della storia umana. Allora se il "benessere" significasse serenità, sicurezza e senso di equità piuttosto che spread, PIL e valuta?
È più giusto garantire a tutti la ragionevole opportunità di avere uno stile di vita decoroso oppure la miseria è la giusta punizione per coloro che non hanno saputo guadagnarsi un posto in paradiso? La miseria porta violenza. La miseria porta ignoranza. La miseria non è relativa, solo la ricchezza è relativa.
Viviamo in un periodo di grandi disponibilità di risorse, per molti, quasi per tutti, almeno in occidente. Viviamo nel periodo storico più sicuro e pacifico probabilmente dell'intera storia umana, almeno qui in occidente, in particolare qui in Italia sia l'ISTAT sia altre fonti concordano che crimini e delitti violenti sono in costante diminuzione nonostante l'amplificazione mediatica della cronaca nera al punto che nel 2012 si è avuto il minimo storico degli ultimi 40 anni.
Dobbiamo certamente preoccuparci di non perdere questo magnifico risultato. Sarà per questa preoccupazione che l'occidente è un grande consumatore di ansiolitici? Oppure ci tocca tutta questa insoddisfazione perché il vicino o il commerciante di fronte a casa ha la macchina, TV, Play Station più bella della nostra? Quali sono le nostre priorità? Avere la sanità che funziona o avere il telefonino griffato o l'auto di lusso?
Perché non possiamo pretendere dalla nostra classe dirigente e politica parsimonia e decoro se noi per primi desideriamo qualcosa di diverso per noi stessi?
Forse con tutta questa rabbia, insicurezza e infelicità stiamo pagando il prezzo di aver convinto le persone che tutti siamo uguali invece di aver trasmetto il concetto che tutti debbano avere gli stessi diritti e pari opportunità. Vogliamo davvero una società in cui tutti quanti abbiano la stessa disponibilità di risorse a prescindere dal loro contributo sociale? Sarebbe giusto? Sarebbe utile?
Se la Messicanizzazione dell'Italia esiste, essa è un decadimento oppure l'emersione di una nuova struttura sociale? Probabilmente entrambi questi due fenomeni ma non necessariamente una riedizione del far-west o un'esplosione di criminalità. Se educare invece di punire, diventasse lo standard? Neutralizzare le iniziative inique potrebbe essere un metodo non violento per creare un senso civico più utile e funzionale.
Facciamo un esempio quotidiano: un adolescente fa il bullo con un suo coetaneo indifeso. I compagni circondano la potenziale vittima impedendo al bullo di proseguire nella sua azione, isolandolo. Certo esiste la concreta possibilità che invece decidano di aderire all'iniziativa del bullo. Le due opzioni sono possibili: sentirsi potenti o rischiare di essere coinvolti. L'indifferenza è una terza opzione e già in tempi anche più difficili di questa parola era già stata data una bella definizione in una canzone popolare.
È in questo esempio che sta la differenza fra la Messicanizzazione e qualcos'altro per il quale ancora non abbia trovato un nome. Dobbiamo infatti porci una domanda: il nostro agire è funzionale solo al nostro personale interesse oppure va al di là di questo e contempla un orizzonte più ampio? Sappiamo essere utili anche agli altri oppure solo a noi stessi? Se fosse questa la nuova definizione di Giusto?
Allora mi piace citare un discorso mai avvenuto se non nella finzione cinematografica, quello del film Armageddon perché la chiave della comprensione può trovarsi ovunque:
L'umano desiderio di emergere... e di conoscere. Ciascuna tappa della scalata alla scienza, ogni singola avventurosa frontiera vinta nello spazio, tutte le conquiste della moderna tecnologia, persino le guerre del passato... tutto ciò, ci ha fornito i mezzi per combattere questa terribile battaglia... nel caos che regna nella nostra storia, fra i mille torti e le discordie, fra immensi dolori e sofferenze... c'è una cosa che ha accompagnato il cammino dell'uomo fino ad oggi... e quella cosa è il coraggio! - Fonte pensieriparole.it
Se la Messicanizzazione è una possibile realtà, la sua alternativa è il coraggio di far emergere dal caos di un sistema in decadenza un ordine che favorisca la civiltà e che sia un nuovo illuminismo umano piuttosto che un medioevo tecnologico. Il coraggio è la capacità di mantenere una posizione nonostante la paura, tutti hanno paura.
La scelta è nostra.
(C) 2016, Roberto A. Foglietta, testo licenziato con Creative Common Attribuzione - Non commerciale - Condividi allo stesso modo 3.0 Italia (CC BY-NC-SA 3.0 IT).