Created on 2017-01-09 17:59
Published on 2017-01-09 19:47
Published on January 9, 2017
Non è il quoziente emotivo che ci manca, anzi di quello ne abbiamo fin troppo.
Se non ne fossimo abbastanza convinti di questa affermazione basterebbe osservarci mentre compriamo − oppure ciò che desidereremmo comprare − il sabato o la domenica in un centro commerciale. La maggior parte di ciò che desideriamo non ha un reale corrispettivo funzionale o pratico ma per la maggior parte è un emozione, uno status symbol o comunque una qualcosa che ci permette di identificarci in una qualche idea che ci appassiona o in cui ci riconosciamo.
Tutto questo senza che nemmeno ce ne accorgiamo.
Facciamo un passo indietro. Se questo è il modo con cui prendiamo le decisioni in un centro commerciale come decidiamo nella vita di tutti i giorni? Uguale!
Se una cosa la si vuol capire, bisogna vederla e viverla tutta. Altrimenti è come vedere una scena di film senza il resto del contesto. Persino la differenza fra un documentario oppure una favola a volte non è così evidente − paradossalmente è il contesto − la cornice che ci fa inquadrare quell'evento. La saggezza popolare indica questo come
È l'abito a fare il monaco.
In termini concettuali ovvero di pensiero e di decisione
È il contesto a condizionare la semantica.
Il contesto ovvero il suo condizionamento culturale è uno di quei BIAS che ci impedisce di vedere una stessa cosa sotto molti punti di vista. Il marketing che si basa sulla psiconeurologia esprime questo concetto con
Il nostro cervello ha già deciso prima che la sua decisione emerga alla nostra coscienza.
Un altro modo di esprimere questo concetto:
È più facile giudicare che osservare.
La filosofia Zen punta molto sulla possibilità di raggiungere l'illuminazione attraverso la capacità di diventare autocoscienti ovvero non essere guidati dai meccanismi automatici del nostro cervello, in particolare quello di liberarsi dal giudizio.
È importante disfarsi del giudizio perché l'osservazione neutrale significa, non solo applicare tutte le etichette possibile a ogni aspetto dell'osservazione, ma anche immaginare di osservare l'evento da ogni punto di vista e in ogni contesto possibile.
Questo implica il pensare almeno su tre gradi di libertà contemporaneamente: evento, contesti e significati.
Giudicare è sempre stato inutile però è una scorciatoia verso la sensazione di aver capito. Il giudicare perciò non risponde solo a una necessità di risparmio energetico intrinseco al nostro funzionamento biologico ma anche all'insofferenza rispetto all'incertezza.
Preferiamo gestire un concetto incompleto, o persino errato, piuttosto che un concetto non esattamente definito in tutti i suoi aspetti.
Inoltre, poiché un concetto che non si armonizzi con le nostre idee pregresse richiede uno sforzo aggiuntivo a essere riconosciuto (neural network pattern recognition) ed a essere assimilato, generalmente viene percepito come stressante, strano oppure del tutto ignorato come un dettaglio irrilevante. Se poi, un concetto è anche contrario al nostri desideri è chiaro che ha pochissima probabilità di essere valutato obbiettivamente.
Creativity comes from a conflict of ideas. -.Donatella Versace
La capacità di entrare in sintonia con gli altri − ovvero il Quoziente Emotivo − non è altro che la capacità di utilizzare luoghi comuni − gli stessi del nostro interlocutore o del nostro pubblico − per riuscire a comunicare simpateticamente ovvero sintonizzarci su quello che accade nel nostro cervello prima che noi ne diventiamo coscienti.
La cosa interessante di questo aspetto è che viene considerata un valore. Indubbiamente ha una sua importanza. Saper vendere è prima di tutto saper presentare se stessi, emozionare e generalmente queste due componenti sono più rilevanti di tutti gli altri aspetti messi assieme. Un proverbio cinese dice:
Se non sai sorridere, non aprire un negozio
La cosa più interessante di questo aspetto, però, è che nelle discipline Zen viene considerata una miseria, anzi la peggiore delle miserie umane [¹]. Ovvero non essere in grado di gestire consapevolmente quel prima del nostro cervello. Non è detto però che questi due aspetti siano necessariamente in contrasto fra loro. Però lo sono la vendita e la ricerca della verità perché
chi vende agli altri ha già venduto a se stesso
Il paradosso è che, generalmente, il nostro pensiero critico non solleva alcuna obiezione di fronte alla parola vendita mentre reagisce alla parola verità.
Se poi la parola verità ha anche la prima lettera maiuscola − Verità − essa ci fa torcere le budella. Strano, perché il pensiero critico e il metodo scientifico non dovrebbe darci il mal di pancia! Allora è interessante notare l'etimologia della parola verità:
La parola verità è riconducibile al sanscrito vrtta cioè fatto, accadimento.
Davvero strano che una parola che indica un fatto o un evento possa turbare il nostro spirito critico o collidere con il nostro ragionamento scientifico. C'è una ragione, infatti l'etimologia greca della parola verità è emotivamente diversa:
Aletheia (ἀλήθεια) è una parola greca tradotta in più maniere come “dischiudimento”, “svelamento”, “rivelazione” o “verità”.
Siamo d'accordo che − emotivamente − ci sia una grande differenza fra la comprensione di un evento e la rivelazione di una verità? Eppure è la stessa cosa.
Contradictions and paradoxes are the essence of life. -.Deepak Chopra
Se partiamo dal presupposto che la comprensione di un evento è tutto quello che è stato descritto sopra (evento, contesti e significati) e che la rivelazione di una verità in senso Zen è proprio la capacità di non essere soggetti ai pregiudizi, l'equazione diventa un'uguaglianza. A quanto pare la cultura occidentale e quella orientale, pur partendo da due opposti loci (lat. luogo anche mentale, idea) giungono alla medesima conclusione.
La comprensione di un evento e la rivelazione di una verità coincidono nella misura in cui il nostro quoziente emotivo e il nostro quoziente intellettuale sono talmente allenati da concepire tutte le possibili interpretazioni, in tutti i possibili contesti, di un dato evento senza che nessuno di essi sia predominante rispetto agli altri. Filosofia?
La meccanica quantistica ci insegna che lo stato di spin Up e Down possono coesistere e coesistono fino all'osservazione ovvero all'interazione con l'osservazione. Quindi il valore dell'osservabile viene a definirsi con l'interazione dovuta all'osservazione.
Analogamente il significato di un evento viene a definirsi, non tramite la nostra osservazione, ma attraverso l'interazione con i nostri pregiudizi.
È impossibile non avere pregiudizi − vorrebbe dire non avere esperienza alcuna − c'è però differenza fra esperienza ovvero l'elaborazione critica del nostro vissuto e il pregiudizio ovvero la cognizione pregressa al nostro vissuto, l'imprinting culturale, sociale, familiare, contestuale, etc.
Sotto questo punto di vista la vita appare essere un viaggio, un'esperienza, utile a liberarci dai nostri pregiudizi.
La cosa buffa è che i pregiudizi e le esperienze sono interconnessi perché è attraverso una serie di esperienze che ci formiamo un insieme di pregiudizi. L'insieme dei pregiudizi lo possiamo definire con la parola condizionamento (imprinting).
La cosa ancora più buffa è che sia proprio l'umorismo, ovvero la nostra capacità di decontestualizzare un evento o una descrizione e quindi di riderne, lo strumento più potente che abbiamo per liberarci dai pregiudizi.
Il riso è nemico della fede perché esorcizza la paura e senza paura non può esserci fede.
In realtà la Fede ha poco a che fare con i pregiudizi. La Fede viene considerata un dono, una rivelazione. Infatti nel Nome della Rosa, chi pronuncia questa frase non assurge ne al ruolo di custode della verità ne si dimostra un costruttore di pace, anzi. Perché l'enunciato corretto e completo potrebbe essere qualcosa vicino al seguente:
Il riso è nemico del pregiudizio perché esorcizza l'umana paura dell'incertezza.
Perché è d'obbligo usare l'aggettivo vicino, in senso di prossimità?
Se ciò è Zen allora non te lo posso descrivere e se te lo posso descrivere non è Zen.
Sembra un'altra di quelle frasi incomprensibili e criptiche. I teoremi di incompletezza di Gödel ci informano che una teoria non può essere completa e coerente allo stesso tempo
Se un sistema assiomatico può dimostrare la sua stessa coerenza, allora esso deve essere incoerente.
È interessante notare come le più ardite scoperte della scienza occidentale e quelle derivanti dalla matematica di origine araba appaiano nella loro interpretazione generale vicine ai principi della filosofia orientale Zen.
Perciò non si può affermare la verità ma solo fare affermazioni prossime al vero, tendenti al vero.
È ancora più interessante notare che una delle discipline di meditazione Zen sia la calligrafia che da un punto di vista della cultura occidentale ci appare come una mera ripetizione di un gesto meccanico, dai la cera, togli la cera. Se però immaginiamo di dipingere il medesimo ideogramma, ovvero di trascrivere un'idea, ogni volta concentrandoci su un possibile significato o insieme di significati di quell'idea e che questo stato interiore alteri la calligrafia, allora con il passare del tempo l'insieme dei significati crescerà e la calligrafia ne sarà influenzata. Quando avremo allargato questo insieme a tutti i possibili significati e poi avremo creato la giusta distanza fra essi, ovvero che nessuno in particolare ci sia familiare più degli altri, allora la nostra calligrafia per quell'ideogramma sarà perfetta: serenamente e perfettamente equilibrata.
La ricerca della verità scientifica al pari della ricerca della perfezione Zen, in questo contesto, appaiono due percorsi, due orizzonti piuttosto che due mete entrambi basati sull'aggiungere esperienze e togliere pregiudizi. In pratica, un viaggio d'esplorazione.
Non è il Q.E. e nemmeno il Q.I. a mancarci ma l'equilibrio. L'equilibrio dipende dal metodo. Per quanto possa sembrarci assurdo, è il metodo a portarci ai risultati piuttosto che il percorso. Se, per assurdo, il vero fosse vicino al contrario, allora esisterebbe un solo percorso Giusto e tutti gli altri sarebbero inevitabilmente condannati al fallimento. Sappiamo invece che una meta può essere raggiunta attraverso vari e molti percorsi ma non in tutti i modi.
L'etimologia della parola meditare deriva dalle parole pensare e misurare mentre quella della parola metodo deriva da investigare. Due termini apparentemente distanti che condividono una radice molto simile perché il concetto di pensare e misurare è molto simile a quello di investigazione empirica: scoprire attraverso l'esperienza (misura).
Esistono tre dimensioni del pensare ma è più semplice descrivere tre modi di pensare.
Il pensiero laterale è un elemento essenziale della creatività. Il pensiero istintivo è l'elemento essenziale dell'efficienza. Il pensiero antico ovvero l'esperienza è la chiave dell'efficacia. Il successo del nostro pensare dipende dall'equilibrio fra questi tre modi di pensare ovvero dal metodo ovvero dalla disciplina del pensiero critico. L'ostacolo maggiore è quello di gestire serenamente l'indeterminazione derivante dal pensiero laterale piuttosto che cedere al giudizio, o peggio al pregiudizio, per risolvere la paura dell'incertezza (difetto di conoscenza). Il metodo (disciplina) è la chiave.
(C) 2017, Roberto A. Foglietta, testo licenziato con Creative Common Attribuzione - Non commerciale - Condividi allo stesso modo 3.0 Italia (CC BY-NC-SA 3.0 IT).
[¹] Si può dire che vendere è Male[tm] ma sappiamo anche che vendere è un Must[tm]. Nel momento che andiamo in vendita, stiamo già comprando: ci stiamo convincendo di quello che vogliamo convincere gli altri. Ovviamente, il problema non è vendere o comprare, a patto di esserne consapevoli. Il rischio è quello di illuderci e crearci un'aspettativa che non potrà essere soddisfatta perché irrealistica. Questo concetto sembra quasi banale ma la parte non ovvia e neppure banale è la consapevolezza: una coppia di pesci giovani nuotano appaiati e incontrano un pesce anziano che invece nuota in direzione opposta, dice loro: "buongiorno, com'è l'acqua oggi?" − dopo qualche colpo di pinna, il pesce giovane si rivolge alla compagna e chiede: "cos'è l'acqua?".
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