Ricetta Italia (parte seconda)

Created on 2017-04-03 08:27

Published on 2017-04-04 09:56

Published on April 4, 2017

Introduzione

La prosecuzione del precedente articolo Ricetta Italia del 20 marzo 2017 alla luce delle considerazioni sull'Organizations and decision making ovvero come la struttura di un sistema influenza il modo con cui si prendono le decisioni.

I rivoluzionari diventati conservatori

La debacle della generazione del '68 é risultata, essenzialmente, nella sua incapacità di cedere il passo a una generazione che ha vissuto una delle più grandi, profonde e pervasive rivoluzioni (informatizzazione e globalizzazione, insieme) impedendo di creare quel ponte di continuità sociale fra chi ha vissuto analogico e quelli che sono nati nel digitale. Questo é un chiaro esempio di come una struttura di comando e controllo fallisca per eccesso di controllo.

Il fallimento sarà epico perché la struttura di controllo deriva da un modello di apprendimento e condizionamento sociale precedentemente istituito (-1 generazione) che risulta altamente inadeguato rispetto a quello che sarebbe stato necessario per preparare adeguatamente la generazione sucessiva (+1 generazione). Se l'Italia é rimasta indietro di una generazione, il modello educativo più comune è fermo a 150 anni fa.

Abbattuti alcuni vincoli ma senza preparare il futuro

Il motto della generazione del '68 è stato "vietato vietare" ma senza sostituire il modello "norme/violazioni & carota/bastone" con un modello formativo completo del tipo "educazione → ruolo". Si é applicato quindi il principio di selezione naturale agli individui senza capire che essa funziona solo ai gruppi. Ottenendo come risultato una regressione civile verso il modello sociale che avevamo nella jungla, a causa dello smantellamento del legame causale fra merito dimostrato e ruolo sociale effettivo.

Il problema non è insito nel aver demolito il vecchio set di valori {dio, patria, obbedienza} ma nel non aver permesso l'affermarsi di un insieme di valori propri e condivisi alla generazione dopo: "Voi giovani non siete pronti"→ "La generazione precedente non è adeguata". Sono due punti di vista entrambi veri infatti dalla prima deriva la seconda. La mancanza di preparazione dovuta all'errato sistema educativo è stata la scusa per mancare anche il passaggio generazionale. Quindi passaggio fallito→ illusione del controllo → perdita del controllo → disillusione nel futuro → corruzione dilagante → epic fail. L'evoluzione dei sistemi sociali nelle sue macro-variabili non è più molto complesso: tre gradi di libertà + tempo.

Una generazione selezionata per resistere al cambiamento

La sostituzione delle persone che ne ricalcano i medesimi valori, non più adeguati, comporta implicitamente di promuovere: a) capaci ma ipocriti; b) incapaci che si adattano; c) conservatori. Un epoca in cui dirigere il cambiamento implica una delega ampia, mantenere una posizione di controllo conservativo, in uno scenario globale dinamico e competitivo porta al declino. Il declino induce alla paura, la paura ad aumentare il controllo, quindi a rimanere su posizioni conservative, quindi al declino e il circolo vizioso si chiude su se stesso verso il basso. Il risultato è che, non solo la ricchezza è concentrata negli anziani, ma anche il reddito segue la curva anagrafica, quindi il potere decisionale.

Risultato: una società che invecchia velocemente in cui i giovani emigrano e il deficit demografico viene colmato dall'immigrazione che in una società conservatrice non si integra, crea tensioni sociali, paura, incertezza e anche su questa dimensione il circolo vizioso si chiude.

L'inammissibilità del fallimento

L'inammissibilità del fallimento porta a non accettare il cambio di passo, resistere perché sappiamo come va il mondo e la vita, reiterazione degli stessi errori, medesimi risultati negativi, rinforzano la convinzione che non si può fallire e anche questo ciclo si chiude. La violazione del principio di correttezza porta a complicare le cose quindi alla violazione del principio di semplicità quindi al declino e la non accettazione del risultato porta alla violazione del principio di trasparenza. La progressiva e sistematica violazione di questi tre principi genera la frattura fra la realtà e la sua descrizione (story-telling) quindi alla corruzione del sistema informativo (media, fake-news, pseudo-scienza, relativismo arbitrario, buonismo complice, etc.).

Anche questo è un circolo vizioso che si alimenta che influenza il processo di selezione del "nuovo che avanza" e genera un altro circolo vizioso di progressiva distruzione dei tre valori {T, S, C} e il ciclo si chiude. Tre dimensioni + tempo: reiterazione degli errori, amplificazione del declino, reiterazione degli errori, etc.

Da dove [ri]cominciare

Bisognerebbe cominciare con la trasparenza ma verrebbero a galla le magagne e quindi non si può fare. Si potrebbe iniziare con la semplificazione ma coloro che vivono della complessità si opporrebbero. Si potrebbe cominciare dalla correttezza ma significherebbe ammettere che finora siano stati ingiusti e oltretutto porterebbe a riconoscere il valore degli altri due principi.

Per correggere un errore non basta individuarlo e trovare una soluzione, occorre che coloro che l'abbiano generato muoiano (in assenza della volontà di passare la mano) ma nel frattempo avranno passato la mano a delle loro fotocopie ideologiche.

Uno sguardo indietro

Aveva ragione Craxi quando, unico nel panorama italiano sostenne apertamente la necessità di un cambio di passo nell'imminenza della caduta del muro di Berlino (Q4, 1989) ma è stato lapidato. Ugualmente si è fatto con tutti coloro che analogamente sostenevano un qualche cambiamento. La sua proposta era, in effetti rivoluzionaria: accettare la fine di un'epoca e fare un passo indietro in cambio dell'impunità in favore del bene collettivo. Anche l'epoca di "Mani Pulite" non è riuscita a imporre un cambiamento.

Abbiamo passato gli ultimi 27 anni rimanendo ancorati a un sistema sociale sviluppatosi in un contesto mondiale storico ben specifico, definitivamente terminato e nello stesso tempo, invece di cambiarlo, ci si è impegnati a combattere ogni possibile cambiamento. Perciò si è bruciata un'intera generazione di opportunità, anche demograficamente.

Riabilitare o meno la figura di Bettino Craxi, non è il punto del discorso. Il punto del discorso è che l'epilogo di Craxi è servito − come anche recentemente la caduta di Renzi dopo il referendum del 4 dicembre 2016 − ad individuare un caprio espiatorio per istituzionalizzare l'ipocrisia del gattopardo: si è cambiato tutto per non cambiare nulla.

Il paese chiede un cambiamento quindi si fa un restyling che viene abbracciato con la stessa fiducia e il medesimo entusiasmo di un bimbo perché, in realtà, tutti desideriamo che le cose cambino ma nessuno è disposto a cambiare perciò si cerca compulsivamente la riabilitazione collettiva e si spera che, prima o poi, avvenga il miracolo ma è una pia illusione portata avanti dall'idea retorica che serva pazienza e umiltà quando in realtà serve il buon senso di dire "adesso basta!" e il coraggio di dare una svolta.

Conclusione

E' dura fare bilanci quando i risultati a fondo pagina sono questi. Invece di fare bilanci si potrebbe cominciare a fare progetti. C'è differenza fra determinazione e insistenza: quello che ci ha portato fin qua, non ci porterà più avanti. Cambiare non è una necessità quando estinguersi è un'opzione. Il giorno migliore per fare qualcosa è oggi perché domani è un altro giorno.

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(C) 2017, Roberto A. Foglietta, testo licenziato con Creative Common Attribuzione, Non commerciale, Condividi allo stesso modo, versione 3.0, Italia (CC BY-NC-SA 3.0 IT).