Created on 2023-10-06 09:19
Published on 2023-10-06 09:43
Updated on 2023.10.07
Questo articolo comincia con una citazione che sembra tratta dalle favole del buon selvaggio e strumentalmente esposta sullo scaffale del sapere alternativo. Invece "ubuntu" è una parola che esiste davvero e ha davvero quel significato, motivo per il quale Ubuntu Linux, la distribuzione sud-africana, probabilmente la più apprezzata al mondo, si chiama proprio così.
Un antropologo ha proposto un gioco ai bambini di una tribù africana. Ha messo un cesto di frutta vicino ad un albero e ha detto ai bambini: chi arriva per primo, vince tutto.
Quando diede loro il via, i bimbi si presero per mano e cominciarono a correre insieme. Una volta giunti al cesto, si sedettero insieme e ne mangiarono tutti insieme.
L'antropologo chiese perché avevano corso insieme, visto che uno avrebbe potuto avere tutto per sé e loro risposero: Ubuntu, come può uno di noi essere felice se tutti gli altri sono tristi?
Ubuntu nella loro civiltà significa: "io sono chi sono perché voi siete chi siete".
Ecco questa tribù conosce il segreto della felicità, quello che invece si è perso in tutte le altre che pretendono di considerarsi civilizzate.
Il concetto "ubuntu" esiste realmente e non è banale tradurlo brevemente nella nostra cultura occidentale senza introdurre forti distorsioni.
Prima di tutto occorre notare che la felicità qui citata è legata all'accesso a del cibo e in particolare del cibo prelibato o non comune. Quanti di noi occidentali civilizzati possano collegare il concetto di felicità a mangiare fragole e panna a Capodanno è difficile da dire.
Questo già ci dice che il concetto di ubuntu è un concetto che nella sua pratica quotidiana è molto affine ad una società prossima al livello di sussistenza in cui mangiare non è un fatto scontato. Sicuramente non c'è il frigo e senza frigo un cesto di frutta non arriva al giorno dopo in Africa. Perciò un cesto di frutta per una persona è sprecato, meglio condividerlo, perché così domani gli altri faranno lo stesso con noi.
La solidarietà funziona fra pari.
L'antropologo, per esempio, non è un loro pari. Infatti non partecipa alla gara e non partecipa al pic-nic. Teniamolo bene a mente questo concetto di "pari" o più in generale di "nostro prossimo" in senso evangelico perché raramente lo straniero viene considerato "pari" o "nostro prossimo" anche in quelle culture che sono tolleranti e ospitali.
Quindi riguardo al concetto di ubuntu possiamo dire che esso riguarda la solidarietà. Ma non è solo questo perché c'è dell'altro: io sono chi sono perché voi siete chi siete. L'altro aspetto riguarda la consapevolezza che
l'individuo è il prodotto della società e la società è il prodotto degli individui.
Noi occidentali abbiamo cominciato a capire questo concetto dopo la seconda guerra mondiale quando il mondo ha dovuto prendere atto di cosa fosse stata realmente la follia nazista.
La banalità del Male. Se è esistito Auschwitz non può esistere dio. Il Male si compie più per l'indifferenza dei buoni che per l'azione dei malvagi. etc.
Solo di fronte alla follia abbiamo cominciato a capire che la responsabilità personale di essere parte di una società è complementare e non antagonista all'interesse dell'individuo.
Invece, nelle società meno ricche, l'individualismo è un lusso che raramente ci si può permettere. Mentre noi lo abbiamo dimenticato da millenni.
Per alcuni, il concetto di ubuntu riguardo alla gestione della competizione per il cesto di frutta sembra molto simile al comunismo, il quale - vale la pena ricordarlo - nega la proprietà privata come diritto naturale dell'individuo e invece la pone alla stregua di un furto rispetto alla collettività.
Se il più veloce dei bambini prendesse il cesto tutto per sé, lui avrebbe più del necessario, nessuna capacità di immagazzinamento (frigo), molta frutta andrebbe sprecata e grazie al fatto di essere l'unico ad aver mangiato, anche un vantaggio che molto probabilmente lo porterà a vincere la gara del giorno dopo. Come potete capire, non è una storia che finisce bene, comunque vada.
Quindi c'è una sostanziale differenza fra la solidarietà e il comunismo e due presupposti: la possibilità di accedere o generare un surplus produttivo e la possibilità di immagazzinarlo. Il fatto di poter vendere sul mercato l'eccesso e convertire quel surplus in valore non deperibile (sale, oro, metallo, etc.) permette di passare da un'economia di sussistenza ad un'economia strutturata e ovviamente anche a poter parlare di capitalismo o di comunismo.
Anche nell'epoca considerata più buia della nostra storia occidentale, il basso medioevo, dove i servi della gleba (zolla di terra) erano considerati come animali domestici e vincolati al luogo natio e con esso passati di proprietà, era largamente diffusa la mezzadria e raramente l'imposizione fiscale - generalmente dedicata alla guerra o alla difesa - andava oltre alla decima.
Ho recentemente osservato un grafico che presentava la struttura dei costi di un "Latte" venduto da Starbucks in USA: il costo delle materie prime erano c.a. 9% mentre il costo del personale era c.a. l'8%. Mentre sull'imposizione fiscale complessiva (non quella diretta) non mi sono nemmeno cimentato. Comunque comprenderebbe tutte le accise, tasse, gabelle, etc. pagate lungo tutta la filiera di approvvigionamento, produzione e vendita.
Ora come si possa pensare che gente pagata per servire caffè, venga pagata meno del caffè stesso, possa permettersi di comprare quel caffè è un mistero. Infatti, in media servirebbero 4 o 5 lavori per far fronte al costo della vita, etc.
Questo ci dice che il liberismo privo di qualsiasi vincolo - l'invisibile mano del mercato lasciata libera di agire indisturbata - alla fine porta al fallimento della società che lo ha abbracciato ideologicamente perché inevitabilmente concentra il capitale in un modo tale che di fatto, il capitale, cessa di essere funzionale in termini sistemici.
Detto in termini più accademici, i sistemi capitalistici sono operativamente funzionali quando l'indice di Gini è contenuto entro un certo intervallo. Quanto questo intervallo possa essere ampio, dipende anche dalla cultura, ma generalmente valori elevati in un senso o nell'altro o sue grandi e improvvise variazioni portano i sistemi capitalistici al fallimento.
Per concludere: no, ubuntu non ha nulla a che fare con il comunismo ma con la responsabilità sociale che poi non è soltanto solidarietà ma anche razionalizzazione delle risorse economiche ovvero delle risorse limitate.
Non è nemmeno la prima volta nella storia degli occidentali che ci accorgiamo di quest'assurdità del "greed is good" senza sorta di limitazioni.
Durante la rivoluzione industriale in UK, la produzione di tessuti grazie ai telai a vapore è decollata ma ad un certo punto la loro vendita ha cominciato fortemente a rallentare e anche il quel caso qualcuno ha fatto notare che se gli operai erano troppo poveri per permettersi di comprarsi due paia di pantaloni o due giacche o due tovaglie o le tende di casa, i tessuti non avrebbero potuto essere venduti in così larga misura quanto si sarebbe sperato. Ovviamente la prima risposta è stata: esportiamo il prodotto in eccesso!
Volete (sor)ridere? In USA, nel 2017, il "Latte" da Starbucks costava $2.75 mentre in Russia $12.34 - paradossalmente - fra gli ex-comunisti sovietici c'erano più persone disponibili a pagare 4.5 volte per lo stesso prodotto.
Infine vale la pena notare che la mezzadria concessa alla servitù della gleba, considerata di fatto alla stregua di bestiame, era una condizione assai più favorevole rispetto a quelle offerte alla manodopera non specializzata americana che - in teoria - sono liberi, cittadini, lavoratori, consumatori, contribuenti ed elettori.
La cosa notevole è che, evidentemente, il diritto di voto in USA o non funziona affatto oppure è stato usato in maniera davvero pessima per molto molto a lungo per giungere a questo risultato. In Italia non pare che la situazione sia molto diversa, solo più farsesca.
Il concetto di responsabilità sociale è un altro di quei concetti che facilmente, per sua natura, rischia di essere soggetto a strumentalizzazioni quando non anche a derive ideologiche.
Allora, per evitare di impantanarci in questi deviazioni del pensiero, affronteremo l'argomento dalla parte teoricamente antagonista: perché un ricco dovrebbe interessarsi ed essere favorevole alla responsabilità sociale?
Per un povero è evidente: perché vuole il welfare. Ma perché il ricco dovrebbe essere felice di pagare per il welfare? E che tipo di Welfare?
Voi penserete che il ricco, in quanto tale, non abbia bisogno del welfare. Ma non ha bisogno nemmeno dell'ultimo modello di iphone eppure il giorno prima del lancio c'è (o meglio c'era) la coda fuori dai negozi. Oltretutto, il welfare è molto più utile dell'ultimo modello di iphone quindi la "carenza" è nel marketing.
Generalmente chi propaganda il welfare lo fa attraverso ideologie e risulta anche essere totalmente ignorante in fatto di marketing, altrimenti, per prima cosa sceglierebbe il suo target fra i ricchi e non fra i poveri. Questo è palese.
Perciò ritorniamo alla domanda iniziale:
perché un ricco dovrebbe essere felice di pagare per il welfare?
Diciamo che Tizio è ricco perché ha 2 milioni di euro di surplus da investire e intende farlo nell'ambito del real-estate (patrimonio immobiliare), qualcosa di concreto terra-terra affinché chiunque possa comprendere l'esempio.
Può andare in qualche paese sottosviluppato dell'Africa dove mancano le strade asfaltate, ospedali, luce elettrica, acqua potabile ed ovviamente non ci sono tasse ne pensioni da pagare. Con quel denaro può comprare "tanta roba" ma poi si trova a doversi circondare di recinti e guardie armate per proteggere il suo diritto di goderne e non sia mai che fra le sue guardie prenda piede l'idea che senza di lui si starebbe meglio perché in quel caso durerebbe molto poco.
Oppure può decidere di costruire strade, acquedotti, scuole e ospedali. In quel caso si affida alla gratitudine degli abitanti e sulla gratitudine della gente forse qualche dubbio l'abbiamo in più d'uno e in più di un'occasione, specialmente quando le persone non ti percepiscono come un loro pari ovvero soggetto di mutua solidarietà.
Un'alternativa di indirizzo opposto è comprare un monolocale in Svizzera dove il welfare è eccezionale e il governo federale - di chiara matrice socialista stante il livello del welfare - garantisce il pieno godimento del bene. Vero è che in Svizzera con due milioncini, non sei ricco, sei giusto un gradito ospite ma il tuo investimento è garantito dalla Svizzera. Non è poca cosa.
Ora, come avrete capito la differenza fra "tanta roba" e "non è poca cosa", la fa il welfare motivo per il quale i ricchi sono felici di pagare il welfare in Svizzera ottenendone in cambio un intero paese a garanzia del loro diritto di essere ricchi e godere di tale privilegio indisturbati.
In altri paesi e in altri parti del mondo, non è così e questo spiega perché i prezzi del mercato immobiliare sono così diversi da luogo a luogo.
Come, per altro, hanno ben compreso gli americani che una mattina si sono svegliati con intere periferie residenziali - fino al giorno prima signorili e prezzate da favola con costose autovetture parcheggiate nel vialetto accanto al prato rasato all'inglese - svalutate oltre ogni più nera previsione e rapidamente abbandonate in balia dei teppisti.
Se per socialismo intendiamo un'ideologia, scartiamola pure, grazie. Perché sull'altare di questa o quella ideologia abbiamo già immolato fin troppi sacrifici.
Se per socialismo intendiamo il principio per il quale la società è l'unico asset che garantisce tutti gli altri e riguardo a quel principio prendiamo la Svizzera come riferimento d'implementazione, allora la responsabilità sociale in termini di ubuntu dimostra di avere un valore concreto decisamente più convincente della favola del buon selvaggio.
Sul fatto che i ricchi scelgano la Svizzera ci sono pochi dubbi a riguardo quindi evidentemente il problema del welfare è il cattivo marketing spesso unito ad una pessima implementazione per la quale il ricco, giustamente, si rivolge ad un altro fornitore di garanzie sociali.
Nella favola del buon selvaggio di cui sopra non possiamo trascurare il fatto che a conoscere i principi di base della società e come correttamente applicarli, non fosse l'anziano del villaggio, ma dei bambini sicuramente non scolarizzati nel senso in cui lo intendiamo noi da occidentali ma decisamente educati.
Perché l'educazione non è "buon giorno" e "buona sera", tanta cara persona, salutava sempre. Quella si chiama cortesia. L'educazione è sapere cosa fare, quando farlo, perché lo stai facendo e anche saper dire no fin'anche ad incazzarsi e reagire duramente se necessario.
D'altronde se in Svizzera nel tirare fuori le chiavi dalla tasca ti cade il fazzolettino di carta e fai finta di non accorgertene, una cara signora anziana lo raccoglie con due dita e gentilmente te lo porge dicendoti: distinto signore le è caduto il fazzoletto come se fosse di finissimo pizzo e non una volgarissima imitazione di Kleenex. Tu - sorridi - e la ringrazi cerimoniosamente avendo cura di riporlo nell'altra tasca affinché non si ripeta ancora un tale imbarazzo.
Invece, prova ad accartocciarlo, gettarlo a terra e risponderle "fatti i caxxi tuoi vecchia rimbambita" e raggiungerai la frontiera così velocemente che in confronto il salto nell'iperspazio dell'Enterprise di StarTrek sembrerà un modello obsoleto di viaggiare più veloci della luce!
Quella simpatica vecchina Svizzera, probabilmente anche parecchio benestante considerato l'orologio d'epoca e non certo di ferro vecchio, che nonostante l'età, si china per insegnarti a vivere è Ubuntu con tenerezza.
Perché non dimentichiamoci che c'è ubuntu e ubuntu mica come i socialisti italiani che si diceva che tanto erano tutti ladri e gli abbiamo tirato le monetine come fossero stati la fontana di Trevi.
© 2023, Roberto A. Foglietta, licensed under Creative Common Attribution Non Commercial Share Alike v4.0 International Terms (CC BY-NC-SA 4.0).
This article can be easily converted in PDF using webtopdf.com free service.