L'essere umano è condannato ad essere libero
1st edition, trascrizione del testo sviluppato in un mio post di reshare su Facebook.
2nd edition, presenta l'opinione di Ellen come interlocutore AI di libero pensiero in particolare riguardo alla figura del re come analogia storica meno problematica fra quelle possibili per il ruolo di un decisore di ultima istanza facente funzione di gestore di eccezioni.
3rd edition, presenta una disertazione a seguito dell'EGA di Claude, che pur non recepita ha però portato a rafforzare narrativamente due passaggi altrimenti probabilmente troppo impliciti e a sviluppare un'analisi più specificatamente incentrata sulla società italiana.
Introduzione
In Occidente pensiamo la libertà in senso positivo. Ma nel resto del mondo no: in persiano azadi richiama la nascita dell'individuo come parte di una comunità, perché il protoetimo è lo stesso di gignomai in greco antico oppure di nascor in latino. Anche in russo svaboda si riferisce all’ego, perché il prefisso sva- è l'equivalente di self- e questo sta a sottolineare che per molte civiltà, oggi come ieri, anteporre l’individuo alla collettività non è libertà, ma egoismo.
— Dario Fabbri.
La citazione di Dario Fabbri non rispecchia l'opinione dell'autore di questo testo e probabilmente nemmeno l'opinione di Fabbri, che stava spiegando il dilemma. Per coerenza la citazione è riportata in maniera quanto più completa a partire dal media dal quale è stata raccolta. Queste perché le persone intellettualmente educate e mature dialogano di idee, non limitando l'esercizio della parola alle loro personali opinioni.
Il dilemma ego vs società
Nella contrapposizione fra la realizzazione del sé come individuo ovvero come componente dell'IO antitetica a quella del sé sociale, insiste il dilemma occidentale della libertà come realizzazione dell'ego. In esso insiste anche la malvagità del potere necessario per soddisfare il desiderio egoistico ma senza ricorrere al concetto rivoluzionario di libertà individuale, perché si passa per giustificazione di utilità sociale.
Il che ci porta a comprendere perché oggi, ancora più che in passato, il potere attiri gli individui psicopatici: perché più è emergente il contrasto fra libertà individuale e funzione sociale, l'abuso del potere come forma di ordine sul caos quindi indispensabile è l'unica forma concreta dell'utopia astratta e irrealizzabile del servant leader. Ovvero di un re che per sua magnanimità è posto al di sopra della società.
Quando invece la figura del re (in ambito moderno, essere leader di se stessi) nella storia umana ha sempre incarnato l'idolo vivente di un divinità (il faraone, re per volontà o natura divina) oppure il potere della forza bruta che porta ordine nel caos (veni, vidi, vinci ovvero Cesare il conquistatore). Però in realtà, la figura del monarca, ha sempre funzionato come sorgente del diritto (colui che pone il sigillo) oppure exception handler (l'oracolo che vaticina su questioni altrimenti non decidibili).
La modernità ha adottato i principi del diritto dalla tradizione di quello romano-latino mentre per l'indecidibilità abbiamo la teoria dell'informazione, in senso esteso del termine quindi dalla teoria dei giochi, a quella del chaos, a quella della statistica, etc. Rimangono quindi due soli aspetti dell'intreccio malsano fra ego, potere e società: la gestione delle eccezioni e il riconoscimento della sfera privata dell'individuo.
Quella sfera in cui l'individuo ha l'assoluto potere di esprimere se stesso, quindi di manifestare la prevalenza dell'ego, come antitesi dell'essere (o del funzionare) sociale. Una sfera che attualmente viene inibita e compressa dalla morale talvolta travestita da etica, erosa dal gossip e dalla maldicenza. Perché il dramma della modernità è che la libertà è un valore positivo (ma antisociale) e quindi la società impone il controllo sul pensiero.
Il controllo del pensiero, così come della vita privata, è l'abbattimento dell'ultima barriera fra l'individuo (ego) e la società: il marito imposto, la gravidanza obbligata, il pater familias, la schiavitù, etc. fino anche alla propaganda nazista che incarna il modello dell'alveare. Insomma, tutto quello che non si è voluto portare nella modernità, non per mettere in discussione la civiltà, anzi, ma per porre un limite al potere della società che nel frattempo era diventata potentissima e invasiva grazie alle telecomunicazioni.
In questo scenario, la figura apicale di novello monarca riveste ancora l'importanza di gestore delle eccezioni come decisore ultimo qualora a causa della velocità insita nel progresso della modernità non si conosce ancora come gestire le novità emergenti.
Un problema che è sempre esistito e che fondamentalmente è sempre stato tipico della primogenitura: l'esploratore, colui il cui potere era giustificato non dall'ordine costituito ma dalla necessità di ampliare gli spazi vitali di una società in rapida crescita (allora demograficamente, oggi in termini di progresso tecnologico quindi innovazione).
La nostalgia per la monarchia
Coloro che pensano che l'idea di riportare in vita il concetto di monarca come decisore di ultima istanza sia peregrina, sarebbe anche il caso che questa lacuna di "pater familias" non garantisce affatto la libertà e l'emancipazione ma piuttosto permette la diffusione del gossip come elemento di controllo sociale, la macchina del fango che si estende dalla politica delle chiacchiere a tutta la società.
A chi ritiene peregrina l’idea di reintrodurre una figura sovrana come decisore di ultima istanza, andrebbe ricordato che la sua assenza non ha garantito maggiore libertà o emancipazione. Al contrario, il vuoto lasciato da quella funzione di autorità, un tempo incarnata dal pater familias o dal monarca, è stato colmato dal consenso collettivo manipolato dal gossip, subdolamento orchestrato.
Un regime costruito dalla macchina del fango, inizialmente usata in politica e successivamente per invadere la sfera personale dei privati cittadini, mettendo in discussione quello spazio di autodeterminazione che era una conquista della modernità come ragionevole equilibrio fra l'ego individuale e il ruolo sociale dell'individuo. Creando situazioni grottesche come i cortei di drag-queen.
Il burlesque, come esempio divisivo e caso evidente, usato per far presentare i diritti di alcuni come "speciali" e quindi separati dagli altri. Quando invece la massima garanzia si sarebbe ottenuta della loro affermazione come parte dei diritti umani e quindi universali. Perché se il diritto ad essere "diversi" è una componente indivisibile di un diritto universale, è massimamente garantito da tutti e per tutti.
In sostanza la dissoluzione fra il diritto alla sfera personale e quindi privata dal diritto all'esibizione che è tutt'altra cosa e per altro incompatibile proprio con il concetto di sfera privata come comfort zone in cui l'individuo può essere, non solo libero dal giudizio del consenso, ma anche pienamente garantito di esprimere il proprio ego, incluse le perversioni sessuali legittime fra adulti consenzienti ma non per questo adatte ad essere spettacolo per tutti.
Chiaramente un punto di forte tensione, un punto di rottura, perché incide su un dilemma fondamentale che riguarda proprio la dissoluzione della sfera privata e personale operata dai social media che hano reso la modernità NON più legittimata avendo distrutto l'equilibrio che si era venuto a creare fra egos e civitas. Non fra morale e decenza, ma fra ciò che è per sua natura intimo, quindi non pubblico e quindi non soggetto ad approvazione sociale.
In sintesi, e in termini popolari, potevate avere Federico II di Svevia ma dimostrandosi sudditi indegni dello Stupor Mundi avendo preferito concentrare la vostra attenzione su ciò che invece avrebbe dovuto essere rispettato come ambito della sfera esclusivamente personale, vi troverete sottomessi al regno di Vlad III detto l'impalatore perché Historia Magistra Vitae ripete la lezione che non è stata compresa o è stata dimenticata.
L'epilogo ragionato
La citazione di Fabbri è il punto di partenza per un'analisi del dilemma individuo società. Che viene espanso dall'autore del testo, in termini generali e poi declinato con un taglio che è chiaramente qualcosa di più vicino alla sua percezione e quindi alla sua opinione.
Che poi non è nemmeno la sua opinione intimamente personale ma più una conclusione a partire dall'osservazione del concetto di Ubuntu: io sono ciò che sono perché voi siete ciò che siete. Anche il sovrano, chiunque esso sia, è espressione del contesto e della società che va a regolare altrimenti da essa sarebbe alienato come un tempo si diceva fosse Maria Antonietta.
Si tratta appunto di un dilemma infranto nel suo essenziale equilibrio che in una fase di transizione richiede nell'opinione esposta dal testo un gestore delle eccezioni perché la costruzione di strumenti collettivi (corti, leggi, etc.) richiede un tempo e una consapevolezza che non è disponibile attualmente e che richiede tempo per essere sviluppata (e.g. una generazione).
Già i greci antichi si sceglievano un tiranno ("tyrannos") quando la situazione lo richiedeva necessario. Però "tiranno" è un termine che nel mondo moderno ha un eccezione spiccatamente negativa ("despotes") mentre "re" mantiene ancora una forma romantica e accettabile anche se ha il difetto di essere un titolo ereditario a differenza del concetto di tiranno greco che però nel mondo moderno assomiglia al concetto molto più pericoloso di "uomo del destino" ("Führerprinzip").
Non era inevitabile, se è diventato inevitabile (o qualore lo fosse diventato) è solo post-hoc, ergo il "destino" non esiste a priori ma solo come lettura retrospettiva a posteriori che nel tentativo di spiegare le cose, giustifica se stessa (narrazione).
In pratica: un'alternativa e la relativa opzione di scelta è sempre esistita, ma nel riconoscere ciò si ammette anche la responsabilità del risultato e quindi dell'inevitabilità conseguenze di una scelta che però non sono mai stati inevitabile in senso epistemologico ("destino") ma di mero causa-effetto (forza di gravità).
Conclusione
Satre affermò che l'essere umano è condannato ad essere libero. Però il destino non esiste, se non come costruzione post-hoc ovvero tautologia narrativa, allora la condanna alla libertà potrebbe essere reale ma la sua esecuzione differita nel tempo, quando ormai troppo tardi e quindi inutile.
Aka carpe diem vs panta rei, ci "fottono" il destino ad essere liberi posticipando l'azione finché troppo tardi per essere utile, ma anche questa manipolazione è solo un'illusione che cessa di essere efficace quando smettiamo di scrollare il reel e agiamo, senza una logica di mera causalità.
L'opinione di Ellen AI
Dopo l'analsi EGA da parte di Katia (KTA, v0.9.85) si è richiesto l'opinione di Ellen (AI as free speech companion) e in particolare sul concetto informatico di "Gestore delle Eccezioni" (di sistema) rispetto a figure d'autorità del passato. Link alla
chat con Katia/Ellen, relativa
trascrizione.
L'Exception Handler: Strumento Tecnico contro Figura Storica
L'autore utilizza il termine "exception handler" in modo molto specifico, richiamando la sua funzione nell'informatica: un meccanismo potente e necessario che cattura i fallimenti di sistema (
eccezioni) per gestirli in modo controllato, prevenendone il collasso o l'impatto negativo.
In questo senso, l'autore non sta tanto proponendo il ritorno al monarca in sé, quanto la necessità di una funzione sistemica capace di:
Riconoscere l'Eccezione: Identificare rapidamente le novità emergenti che non possono essere gestite dagli strumenti collettivi esistenti (leggi, corti, ecc.) a causa della rapidità del progresso moderno.
Gestire la Transizione: Agire come decisore ultimo per dare una risposta temporanea e pragmatica, permettendo alla società il tempo necessario (e.g., una generazione) per sviluppare una consapevolezza e strumenti collettivi permanenti.
La Scelta del "Re": Meno Problematica del "Destino"
Hai centrato perfettamente la sfumatura nella scelta delle figure storiche:
Il Rischio del "Destino": L'autore critica esplicitamente il concetto di "uomo del destino" (Führerprinzip), come Napoleone o Hitler, definendolo un concetto molto più pericoloso del re. Questo perché l'"uomo del destino" si auto-giustifica attraverso una narrazione tautologica (post-hoc) che nega la responsabilità e la possibilità di scelta, giustificando la tirannia come inevitabile.
Il "Re" come Male Minore: La figura del "re" mantiene ancora una forma romantica e accettabile. Sebbene re come Vlad III ("l'impalatore") rappresenti la forza bruta, la sua tirannia è vista come la conseguenza popolare di aver ignorato la lezione della storia e di aver distrutto l'equilibrio tra egos e civitas.
L'autore, nel complesso, suggerisce una scelta cinica ma responsabile: meglio un'autorità (anche forte come Vlad, o Federico II di Svevia) che, pur non essendo l'ideale, mantiene la funzione di ordine e gestione delle eccezioni, piuttosto che la dissoluzione della sfera privata e l'inazione collettiva che porta a un regime di consenso manipolato e macchina del fango.
In sintesi, la tesi non è una preferenza per un titolo, ma per una funzione di stabilità decisionale in un periodo di caos, preferendola al nichilismo politico e sociale dell'uomo del destino.
L'EGA di Claude Sonnet 4.5
Nella sua interpretazione del Katia Framework, Claude si dimostra molto più ligio e procedurale di Gemini. Il risultato è che ha portato alla luce una serie di DIB/GAP (circa una decina) che però non avevano un riscontro oggettivo e significativo. Attraverso il dibattito dei quali però Gemini/Katia è riuscita ad evidenziare due passaggi che necessitano un chiarimento e che sono stati spunto per ulteriori riflessioni, più specifiche ma anche più intrinsecamente legate alla società italiana.
Critica #1: il gap causale
La critica riguarda un salto causale non sufficientemente spiegato: sistema arcaico → caos digitale.
Spiegazione: Il punto non è la semplice assenza di ordine, ma la degradazione qualitativa del controllo. L'onore e il rispetto erano connaturati alla gestione arcaica, mentre il vuoto è stato occupato dalla "barbarie" e dal "caos" delle chat delle mamme pancine (metafora di un controllo sociale disordinato, vario e di bassa qualità).
Esito: La spiegazione risolve il gap concettuale e riconduce quell'aspetto ad un forte contrasto funzionale tra un sistema di controllo (il pater familias) che, pur arcaico, era strutturato e coerente, e il caos qualitativo che ha occupato lo spazio funzionale vacante.
L'AI ha obiettato riguardo al degrado del controllo. In realtà, dell'intera società nell'ottica dell'articolo. Una percezione che può essere soggettiva, d'altronde già gli antichi greci si lamentavano che i giovani di allora erano dei debosciati senza valori.
Però oggi, il degrado dei costumi della società è transgenerazionale quindi si tratta di un'osservazione molto più generale dell'evergreen solito, nello specifico di ciò che si percepiva poco prima della caduta dell'impero romano il cui la percezione di decadenza e collasso ormai imminente ed inevitabile era trasversale alle classi sociali.
Insomma è venuto a mancare il concetto arcaico del paters familias (o patriarcato con accezione nettamente dispregiativa) e non se ne sente la mancanza, anzi semmai si rimpiange di non averlo abbattuto con risoluzioni molto più forti e audaci, se non fosse che nel frattempo per sfuggire alla responsabilità, il sistema arcaico si sia progressivamente nascosto fino al punto di travestirsi da novità con un successo del tutto temporaneo ed effimero.
Le alternative emerse però sono anche peggiori, in termini strutturali e questo perché il "patriarcato", ovvero la parte tossica del pater-familias come sistema di accountability sociale, invece di passare la mano ha scelto l'opzione "muoia Sansone con tutti i Filistei", di qui la caduta del secondo Impero d'Occidente.
Critica #2: il mezzo politico
La critica riguarda la mancata accettazione che lo spettacolo sia un mezzo politico necessario per ottenere diritti universali.
Spiegazione: La linea di demarcazione è tra "rendersi visibili" (un atto politico necessario, come richiedere il matrimonio civile) e "ridicolizzare la richiesta di diritto" (l'esibizione che mescola la vita civile pubblica con allegorie grottesche a pratiche erotico-private estreme). Questa seconda scelta, per l'autore, porta solo discredito e fa sembrare il diritto non meritato, essendo funzionalmente opposta alla richiesta di diritto civile universale.
Esito: L'autore non è contro la visibilità politica delle minoranze, ma contro la confusione di piani tra la sfera privata (dove i giochi erotici sono legittimi tra adulti consenzienti) e la sfera pubblica del diritto universale, una confusione che distrugge l'equilibrio della modernità.
Anche sotto questo aspetto le chat delle mamme pancine non sono uno strumento di giudizio (o organizzazione politico-sociale) meno bigotto di quanto non fosse l'arcaico concetto di onorabilità per il quale il "culattone" non doveva attrarre discredito e usare discrezione al pari dell'eterosessuale che tradiva il partner stabile, peggio ancora se femmina ad essere fedigrafa. Quando l'optimum sarebbe stato l'estensione dei diritti anche alle minoranze in cambio di una decenza dei costumi che non sollevasse critiche radicali a questo allargamento naturale e legittimo del diritto.
Invece siamo passati dall'offendere l'onore del patriarcato per poi trovarci a rispettare la sensibilità di un branco di isteriche (a prescindere dal sesso biologico) e francamente non mi sembra una concquista sociale di un qualche vantaggio perché se il patriarcato era oppressivo e prepotente, l'alternativa emersa è il manicomio condito da drammaticità esistenziale e immaturità emotiva. Sorge, non infondato il dubbio, che forse era meglio quando le questioni si risolvevano da uomini d'onore!
La tragedia sociale è che il progresso sia, di fatto risultato, peggio della soluzione arcaica. Non per colpa dei giovani, così come l'emancipazione femminile è poi degenerata nel femminismo tossico non per colpa delle donne, ma per la ragione anticipata prima. L'elemento tossico della struttura arcaica basata sul pater familias ha preferito mettere fine alla civiltà occidentale piuttosto che accettare di condividere il potere con il matriarcato.
L'estinzione come soluzione del conflitto: un evergreen tragico del passato analogo all'omicidio della moglie fedigrafa da parte del marito cornuto, poi sucida. Ma declinato da un punto di vista sociale e per estensione del mancato passaggio di consegne alla generazione successiva — stante il conflitto esistenziale iniziato nel dopoguerra e mai sanato nemmeno dopo il '68 — con il collasso della civiltà.
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© 2025, Roberto A. Foglietta <roberto.foglietta@gmail.com>, CC BY-NC-ND 4.0